17/02/1985 - Omelia VI Domenica Ord Messa ore 8 e ore 11

Sant'Ilario d'Enza, 17/02/1985
Omelia, VI Domenica Tempo Ordinario - Anno B - Messa ore 8, 30 e ore 11

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Lv 13,1-2.45-46; 1 Cor 10,31-11.1; Mc 1,40-45

Messa ore 8,30

“Il lebbroso lo supplicava in ginocchio” (cfr. Mc 1, 40), forse non riusciva nemmeno a stare in piedi, la malattia lo consumava. E di colpo ottiene la guarigione, istantanea, perfetta. Oh, sì, la potenza di Gesù è grande! E la potenza di Gesù non è venuta meno. Basta andare da lui, andare da lui con umiltà, in ginocchio, andare da lui con grande fede. Noi abbiamo paura delle volte a chiedere, a chiedere molto, abbiamo paura di pronunciare la parola: “Signore io voglio diventare santo”. Ci sembra un’esagerazione, ci sembra che non potremo mai essere quello che lui ci ha comandato di essere, come dice l’apostolo: “Egli ci ha predestinati ad essere santi e immacolati al suo cospetto” (cfr. Ef 1,4). È perché manchiamo di fede, è perché sottovalutiamo il suo amore. Egli ci ama tanto, di un amore profondissimo, di un amore personale. Un colloquio, che lui vuole, sarebbe il colloquio risolutivo. Lui ci ama ed è pronto a mettere al servizio del suo amore la sua onnipotenza; dobbiamo allora credere al suo amore per noi e avere molta fede e tutto dipende da noi, tutto dipende dalla nostra forza di abbandono. Dobbiamo abbandonarci a lui, credere a lui, anelare a vivere di lui. Oh, sì, tutto dipende dalla nostra disposizione, dal vincere la nostra pigrizia, il brutto attaccamento che noi abbiamo alla nostra mediocrità, alla nostra forma antipatica di indolenza: sempre uguali con qualche sporadico tentativo, sempre uguali perché vogliamo essere sempre uguali, perché la nostra carità resta sempre così e non amiamo Dio come dobbiamo, e non amiamo il prossimo come noi stessi, e non ci diffondiamo in quella disponibilità che è senza dubbio la condizione, senza la quale non si opera il miracolo. Ed ecco che cominciamo la Quaresima mercoledì, la cominciamo e dobbiamo cominciarla in queste disposizioni, perché avvenga il miracolo, perché avvenga la nostra vera conversione, il nostro cambiamento. Sentiamo, attraverso la parola ammonitrice della Chiesa, sentiamo la responsabilità di una Quaresima. Poniamoci allora in quelle buone disposizioni di preghiera, di penitenza e di carità, disposizioni che occorrono perché risolviamo un po’ meglio la nostra preghiera, perché abbiamo il coraggio di dominare noi stessi e di accogliere la penitenza che è forza liberatrice, perché possiamo essere più caritatevoli e più disposti agli altri, soprattutto a quelli che più soffrono e più tribolano. Insomma una vera risurrezione, per poterci incontrare in verità con lui il giorno di Pasqua. Dinamismo, fortezza, slancio, entusiasmo! Non dobbiamo andare incontro alla Quaresima passivi, indifferenti, svogliati. Dobbiamo da mercoledì attivare tutte le nostre energie, tutto lo slancio del nostro cuore e così poterlo veramente lodare e benedire ed essere proprio persuasi, che la nostra malattia ha bisogno del medico, che la nostra malattia ha bisogna di Gesù e che noi davvero possiamo guarire.

Messa ore 11

Il miracolo della guarigione della lebbra è un miracolo che ci fa riflettere, perché oltre a essere un miracolo è un simbolo, ci ricorda che anche lo spirito può avere una malattia spaventevole come la lebbra del corpo e la malattia dell’anima, lo sappiamo bene, è il peccato, è una certa forma di peccato. Quando il peccato non è una disgrazia occasionale, ma quando il peccato prende stanza, prende dimora in un’anima, quando non solo è tollerato, addirittura è amato, è una devastazione, perché si preferisce a Dio, a Dio infinita bellezza, infinita potenza, infinita ricchezza, si preferisce una cosa vile, detestabile, una cosa obbrobriosa. Si preferisce il proprio egoismo cieco, il proprio orgoglio inumano, si preferisce, sì, si preferisce a Dio. Ecco allora tutto cade, tutto viene sciupato, di tutto si abusa. E il peccato, un po’ alla volta, devasta ogni valore. Io vorrei che ci interrogassimo di fronte a Dio e sapessimo andare fino in fondo all’anima nostra, perché troppo spesso amiamo ciò che è comodo e la nostra vita stagna penosamente nella mediocrità. Vorrei che sentissimo la voce del Signore, che non ha perduto il suo potere di guarire. Gesù è per noi sempre il Medico e “non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”, sono sue parole, “Io sono venuto a salvare i peccatori” (cfr. Mc 2,17). Che noi avessimo la voglia di diventare migliori, particolarmente adesso che andiamo incontro alla Quaresima, che è data proprio come un tempo di salvezza, un tempo per guarire, per diventare più buoni, per diventare più generosi, per diventare più caritatevoli, per vincere le nostre abitudini difettose. La Quaresima è un grande tempo di misericordia, contiene una grazia speciale che si chiama la “grazia del tempo”. Oh, se sapessimo approfittare sulle tre indicazioni che ci dà la Chiesa: tempo di preghiera, tempo di penitenza, tempo di carità. Sentissimo il bisogno di pregare meglio, di pregare di più, di evitare che le cose materiali, le preoccupazioni di ogni giorno soffochino, soffochino, come spesso accade, i nostri sentimenti migliori. Dio ci ha creato e ci ha creato molto bene. Non dobbiamo vivere al di sotto delle intenzioni che lui ci ha così ben precisato. Dobbiamo vivere per qualche cosa che è eterno, non per qualche cosa di caduco e di superficiale. Guardiamo di pregare di più e guardiamo ancora di arrivare meglio con la penitenza al possesso di noi stessi, al controllo delle nostre capacità. La penitenza ha per fine proprio questo, ha lo scopo di educarci, a saper dire di no, a saper fare qualche cosa che torni a bene del Signore che ci ricompenserà, a fare qualche cosa per il Signore sopportando meglio le nostri croci, le nostre tribolazioni, le nostre prospettive, che delle volte tenderebbero a stancarci e ad avvilirci. E un proposito di carità perché dobbiamo diventare più buoni, tanto buoni, buoni come ci vuole Gesù, buoni come è stato lui, buoni come lui ci esorta continuamente ad essere. Il mondo ha bisogno di bontà, di carità, di comprensione e ogni famiglia ha bisogno di un aumento di questa gentilezza, di questa carità che va al di là dei meriti, al di là delle pretese, perché fa per il Signore e con il Signore. Sì, allora adoperiamoci perché la nostra Quaresima sia proprio pienezza costruttiva, forte e bella.

CODICE 85BGO01335N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 17/02/1985
OCCASIONE Omelia, VI Domenica Tempo Ordinario - Anno B - Messa ore 8, 30 e ore 11
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Santità
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