12/05/1985 - Omelia VI Domenica Pasqua

Sant'Ilario d'Enza, 12/05//1985
Omelia, VI Domenica Tempo Pasqua - Anno B

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Lv 13, 1-2. 45-46; 1 Cor 10, 31-11, 1; Mc 1, 40-45

La consegna è entusiasmante e meravigliosa, il comando è molto evidente: “Rimanete nel mio amore” (cfr. Gv 15, 9), non in un amore qualsiasi, non in un amore generoso umanamente, non in un amore che immaginiamo noi, nel suo amore, quell’ amore che lui ha avuto dall’eternità, quell’ amore che lo ha spinto a venire sulla terra e a rivestirsi della nostra fragilità umana, quell’ amore che lo ha portato all’Eucaristia, una presenza continua, un sacrificio continuamente offerto, quell’amore che lo ha spinto fino sulla croce, quell’amore per il quale ha detto: “Ho sete” (cfr. Gv 19, 28). È in quest’amore che dobbiamo rimanere, quest’amore bruciante e meraviglioso, quest’amore che dà la spiegazione di ogni cosa. Capiamo bene allora come un cristiano tiepido, un cristiano egoista, un cristiano pieno di sé stesso, un cristiano che cerca prevalentemente i suoi comodi è irritante davanti agli occhi di Dio, è miserabile. Un cristiano deve rimanere cioè avere una linea costante e nello stesso tempo un riposo in Cristo, una linea perché deve seguire il Signore. Le sue beatitudini non sono fiori disseccati da tenere in mezzo a un libro, devono essere tradotte e vissute da ogni cristiano, che deve così avere in Gesù il suo continuo modello e cercare la sua felicità. “Vi do la mia gioia” ha detto il Signore, “perché la vostra gioia sia piena” (cfr. Gv 15, 11). Il cristiano allora sa che sono “beati i poveri perché di essi è il regno dei cieli” (cfr. Mt 5, 3). E sono “beati quelli che piangono perché sono consolati” (cfr. Mt 5, 4). Che sono “beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (cfr. Mt 5,8). Un cristiano non cerca la felicità terrena, cerca la felicità di Cristo, la felicità del distacco, la felicità che guarda nella speranza alla vita eterna, la felicità che è purificazione del cuore, la felicità che è anche soffrire le persecuzioni per amore suo. Ecco, sulle beatitudini dobbiamo misurare se in realtà in noi c’è il suo amore o se, quando diciamo: “Signore, io ti amo”, siamo bugiardi. Come dobbiamo temere di avere una preghiera bugiarda, di dire al Signore delle cose che non sono vere, che non traducono, che sono delle pose, che sono delle cose che diciamo per quietare la nostra anima. Come dobbiamo desiderare di essere a somiglianza di Gesù così, “sale della terra e luce del mondo” (cfr. Mt 5, 13-14). Come dobbiamo desiderare di vivere una vita intensamente fervida, piena di opere buone nell’attesa dell’incontro con lui. Oh, sì, rimaniamo nel suo amore, vero,grande, meraviglioso. Rimaniamo nel suo amore e, se vediamo delle cose che contrastano, abbiamo il coraggio di prenderle via, se abbiamo delle cose che ci fermano, nelle idee, nelle prese di posizione, cerchiamo di modificarci. Proprio perché lui vuole che in noi trionfi una pienezza, la sua pienezza. “Noi”, diceva l’apostolo san Giovanni, “lo abbiamo incontrato e l’abbiamo visto pieno di grazia e di verità” (cfr. Gv 1, 14)

CODICE 85EBO01365N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 12/05//1985
OCCASIONE Omelia, VI Domenica Tempo Pasqua - Anno B
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Sincerità
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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