23/05/1976 - Omelia VI Domenica Pasqua ore 630

At 10, 25-27. 34-35. 44-48; 1 Gv 4, 7-10; Gv 15, 9-17

Raccogliamo ancora in questa domenica di Pasqua l’invito ad amare il Signore e, nell’amore del Signore, ad amarci gli uni gli altri, “perché”, come abbiamo ascoltato dall’apostolo Giovanni, “l’amore è da Dio e chiunque ama è generato da Dio” (1 Gv 4, 7). La nostra qualità è qualità fondamentale: siamo cioè figli di Dio, costitutivamente nel Battesimo noi abbiamo avuto una generazione. Il Battesimo è il sacramento che dà la vita, che comunica la vita, è il sacramento che pone tra noi e Dio una relazione unica. Nel Battesimo Dio da nostro Creatore diventa propriamente nostro Padre, ci adotta come figli. Nel Battesimo Iddio pone in noi la sua vita, una partecipazione ineffabile di quella vita che possiede la Trinità, la vita che dal Padre è comunicata al Figlio e che dal Padre e dal Figlio è data allo Spirito Santo. Questa stessa vita viene in noi, viene in noi per cui noi siamo trasformati, per cui l’anima nostra viene come divinizzata. Allora è un prodigio meraviglioso. Non guardare in alto e vedere solo Iddio nella sua maestà e nella sua infinita gloria, ma guardare in alto e vedere il volto del Padre. Dio è diventato nostro Padre, ci ama e vuole essere amato. Ecco allora, proprio perché battezzati siamo figli, proprio perché figli dobbiamo avere con Dio le relazioni di figli e, siccome Dio è amore, noi figli dobbiamo vivere del suo amore e dobbiamo donare agli altri questo amore. Questa è la grandezza del nostro essere cristiani, questa è la nostra dignità e questa è ancora la nostra felicità. Perché figli, eredi, ecco il senso della nostra vita: siamo figli di Dio, siamo eredi di Dio. I beni infatti del padre li eredita il figlio. Che cosa vuol dire allora la nostra esistenza? E’ un collaborare all’eredità. Se noi ci impegniamo, se noi facciamo quanto sta in noi, ecco, abbiamo l’eredità del Paradiso, che è eredità di amore. Allora l’amore, che viviamo su questa terra, diventa l’amore- gloria, l’amore-gioia, l’amore-trionfo. Ecco allora che questo nostro amore verrà glorificato per l’eternità. Quanto dobbiamo sentire questa nostra vocazione di amore, vincendo perciò tutte le nostre forme di egoismo! Che cosa può andare contro l’amore se non l’egoismo? Il peccato è sostanzialmente egoismo. Un’anima, che commette peccato, rifiuta l’amore di Dio, si chiude in sé stessa, quell’anima crede di trovare la felicità in questa soddisfazione del suo egoismo. L’errore sta qui: l’egoismo. Come un cristiano deve combattere l’egoismo in tutte le sue forme? C’è l’egoismo dell’orgoglio, per cui ci crediamo di più di quello che siamo. Il Signore Figlio di Dio, Unigenito, è sceso sulla terra ed è stato umile. Questo tempo di Pasqua sottolinea la sua glorificazione (?) proprio perché è stato umile. “Egli si è umiliato fino alla croce, per questo Dio lo ha esaltato e il suo nome è stato posto sopra ogni altro nome” (cfr. Fil 2, 8-9), dice l’apostolo. L’egoismo della nostra sensualità, l’egoismo della nostra avarizia, l’egoismo del nostro comodo al di sopra di quelle che sono le esigenze della carità, ecco ciò che dobbiamo combattere. Ecco, in questo ci dobbiamo impegnare: vivere nella carità del Signore con pienezza di fede.