28/06/1989 - Omelia Vigilia SS. Pietro e Paolo

At 3,1-10; Gal 1,11-20; Gv 21,15-19.

“Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Cfr Lc 11, 28).

La sua parola è parola di verità ed è parola d’amore. Ci manifesta la volontà del Padre, ci dà l’esempio, ci aiuta. Gesù è meravigliosamente nostro salvatore. A Lui dobbiamo ripetere la nostra adesione totale, la nostra fiducia indiscussa, una fiducia che diventa un amore bruciante. Non possiamo amarlo poco, non possiamo amarlo mediocremente; bisogna che lo amiamo con tutta l’anima nostra, e lo amiamo, donandogli tutta la nostra volontà, tutto il nostro cuore.

La presenza in questi giorni di Pietro e di Paolo ci anima a seguire un tracciato di fede molto forte e molto completo.

La figura degli apostoli ci stimola e ci indirizza. Oh, sì! Bisogna che amiamo il Signore ponendoci come Lui ci vuole, sentendoci Chiesa, perché la Chiesa è stata voluta da Lui, è un suo dono, è una ricchezza che Lui ci ha dato.

Noi dobbiamo amarlo nella Chiesa, dobbiamo amarlo come la Chiesa ci insegna, come la Chiesa ci esorta. Non amarlo a capriccio, a sentimento, con più o meno indifferenza. Lo dobbiamo amare come Chiesa. Gesù ama la Chiesa; per lei ha dato tutto. Ha dato tutto e l’ha voluta bella e senza macchia (Cfr Ef 5,25-27).

Dobbiamo esultare allora, esultare perché nella rivelazione di Gesù e nel suo amore possiamo corrispondere seguendo la Chiesa, ubbidendo alla Chiesa, cercando di farci sempre indirizzare e guidare dalla Chiesa. Sempre! Altrimenti sono tante le forze che ci insidiano: il nostro orgoglio, la nostra invidia, la nostra forma particolare di egoismo. Noi tendiamo ad adattare la parola di Cristo a noi stessi; invece, se seguiamo la Chiesa, seguiamo una regola sicura, pronta, fervida.

Quindi amare Cristo, amarlo essendo Chiesa, essendo Chiesa responsabile, essendo Chiesa ubbidiente, essendo Chiesa umile, realizzando in noi il regno di Dio, per quanto il Signore ci ha dato, per quanto noi possiamo ricambiare e donare.