21/02/1982 - Omelia VII Domenica Ord

Sant'Ilario d'Enza, 21/02/1982
Omelia, VII Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

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Is 43, 18-19. 21-22. 24-25; Cor 1, 18-22; Mc 2, 1-12

“Ti sono rimessi i tuoi peccati” ( Mc 2, 9). Vorrei che oggi sentissimo, lo sentissimo con molta profondità, con tanta vivacità, come la nostra paralisi è la nostra colpa, come sono i nostri difetti che ci impediscono di camminare nella strada del Signore, di potere glorificare Dio, perché troppo spesso il peccato è entrato nell’anima nostra e ha lasciato le sue tracce, le sue detestabili tracce. I santi chiamano questo “l’affetto al peccato”, cioè quando abbiamo non solo commesso dei peccati, ma siamo attaccati ai nostri peccati, siamo attaccati tenacemente e, anche quando diciamo di pentircene, abbiamo la nostalgia del peccato. Troppe anime, in pratica, concepiscono i loro difetti come parte del loro carattere, della loro personalità: - Sono così … son fatta in questa maniera … soggiungono: - Son fatta così …- E intanto le grazie di Dio vengono a mancare, perché chiudiamo la porta, perché non lo vogliamo, perché la nostra rinnovazione resta solo alla superficie.

Con quanta tristezza dobbiamo vedere i nostri difetti, che da anni regnano e non vengono scalfiti né dai nostri atteggiamenti di preghiera, né dalle nostre Confessioni, né dalle parole che diciamo in abbondanza! Restano, perché non ci persuadiamo fino in fondo che i nostri difetti sono proprio la nostra malattia, una malattia che si insinua e che ci impedisce le vere manifestazioni di amore a Dio e al prossimo. E lo sappiamo bene, la vittoria non è nostra, la vittoria viene nella nostra comunicazione con Gesù: “Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati” (ib.). E “rimessi i peccati”: ecco la sanità, ecco la vita che prorompe: è restare con Lui, partecipare della sua forza, partecipando della sua verità.

Bisogna entrare nella verità, riconoscere i nostri mali, detestarli, prendere tanta forza e tanto ardore ogni giorno, perché, più i difetti sono in noi da tempo, più difficile è la cura e la cura ci viene da Lui che ci ama.

Ecco, bisogna sottolineare precisamente questa cosa: Lui ci vuole guarire, perché è l’Amore infinito, ha veramente compassione di noi; per questo ci è restato così vicino, per questo nell’Eucaristia è il nostro sostegno, il nostro medico, il nostro vero conforto. E’ restato nell’Eucaristia, perché noi sentissimo che con Lui, con Lui tutto è possibile! Ci è restato ben vicino e ci fa sentire i palpiti del suo cuore, ci è restato ben vicino e vuole che noi siamo suoi, ognuno di noi, perché possiamo insieme cantare il cantico di Mosè a Dio: “Cantiamo al Signore, perché gloriosamente egli ha vinto ” (cfr. Es 15,1), insieme.

La società si rinnoverà, quando ognuno accetterà il Medico divino, quando ognuno sentirà che, migliorando se stesso, migliora anche gli altri. Altrimenti tutto è illusione, è solo un clamore di parole. La vera riforma viene dal cuore, da ognuno di noi che, accettando Gesù, vince il proprio egoismo e il proprio orgoglio.

Chiediamo allora al Signore la grazia umile e forte di convertirci a Lui e, nell’imminenza della Quaresima, tendiamo la nostra anima, perché sia veramente il tempio della sua gloria.

CODICE 82BMO01336N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 21/02/1982
OCCASIONE Omelia, VII Domenica del Tempo Ordinario - Anno B
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Conversione: vincere l’affetto al peccato e ai nostri difetti – Veri con noi stessi – Lasciarsi guarire
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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