03/06/1973 - Omelia VII Domenica Pasqua

Sant'Ilario d'Enza, 03/06/1973
Omelia, VII Domenica Tempo Pasqua - Anno B

Ascolta l'audio

At 1, 15-17. 20-26; 1 Gv 4, 11-16; Gv 17, 11-19

Questo tempo, che precede la Pentecoste, è particolarmente tempo di preghiera, di viva, di intensa preghiera, sull’esempio degli apostoli che con la Madonna erano nel cenacolo. Guardiamo bene allora questo tempo, perché lo Spirito Santo non è disceso solo una volta nella Chiesa. Non solo allora, anche adesso: è perenne la venuta dello Spirito Santo. La nostra Pentecoste deve essere forte e pronta da parte nostra come quella Pentecoste. Ecco perché siamo chiamati a due cose: a sentirci Chiesa e a pregare bene come Chiesa.

A sentirci Chiesa. Avete ascoltato la prima Lettura, è Pietro che è preoccupato di sostituire Giuda. Il numero dodici era più che simbolico, era il nuovo Israele di Dio che doveva essere completo, che doveva essere disponibile, che doveva essere nella linea stessa segnata da Gesù. Sentirci Chiesa, perché la Pentecoste è la festa della Chiesa e noi non celebreremmo questa festa con vere disposizioni se non avvertissimo questa importanza di coscienza e di responsabilità. Sono le parole, che abbiamo appena ascoltato, di Gesù: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato” (cfr. Gv 17, 11), noi gli siamo stati dati, “perché siano una sola cosa” (cfr. Gv 17, 11), l’unità grande della Chiesa, “come noi”. La Chiesa deve essere unita con una perfezione che sconfina nell’assoluto, che è l’unione delle tre divine persone, è un’unità sostanziale. Dobbiamo sentirci uniti, fortemente uniti in quell’amore di cui parla Giovanni nella seconda Lettura. “Noi abbiamo creduto all’amore. Dio è amore” (cfr. 1Gv 4,16). È la sintesi di tutta la rivelazione: Dio è amore. Ecco che allora il nostro sentimento di Chiesa è un sentimento di amore profondo, è un sentimento di carità in espansione, è un sentimento di grande fortezza e di grande gloria. Siamo Chiesa, siamo dunque amati da Dio, siamo stati dunque scelti, siamo stati dunque inviati. La Chiesa è missionaria e la nostra opera deve essere sempre posta così nella missionarietà stessa del Figlio di Dio, perché, come è stato inviato lui, siamo inviati anche noi. Notiamo bene: inviati, non confusi. La Chiesa non è una setta, ma la Chiesa non è nemmeno del mondo, anche se è nel mondo: una netta diversità di concezioni, una netta diversità di scelte. Noi non siamo del mondo, perché, se fossimo del mondo, non saremmo di Gesù. Non siamo del mondo e perciò dobbiamo renderci sacri, santi nella verità, come dice Gesù nella sua preghiera. “Consacrati nella verità” (cfr. Gv 17,19). Tradire la verità è tradire anche la carità. Non si può, dicendo di amare gli altri, scendere a compromessi nella verità; la verità non è nostra, è di Dio. Noi siamo i portatori della sua Parola, non della nostra parola. Sentirci Chiesa è sentirci dunque mandati da lui, con il dono suo per noi e per l’umanità. E la seconda cosa: la nostra preghiera. Questi giorni, posti nella preghiera, ci devono riproporre il valore e la forza della nostra preghiera e si prega bene quando ci si mette davanti a Dio con tutta la persona, con tutto quello che noi siamo. Non dobbiamo perdere quello che siamo per pregare, dobbiamo andare a lui col carico delle nostre miserie, col carico delle nostre speranze, dobbiamo andare a lui coi nostri desideri, dobbiamo andare a lui con le nostre domande. Tutto. Sapendo che è Padre e sapendo che noi dobbiamo vivere la nostra esperienza di vita, così come lui ci ha voluto e ci ha posto. Pregare è porci disponibili a Dio con tutta la persona, non solo dunque davanti a lui, ma disposti a fare quanto lui ci comunica, quanto lui vuole da noi, quanto lui ci esprime. La preghiera non è piegare Dio ai nostri voleri, pregare è metterci pronti a fare quanto lui desidera da noi. Pregare è dunque metterci in quella disposizione fondamentale, per cui è scritto di Gesù che suo cibo è fare la volontà di colui che l’aveva mandato (cfr. Gv 4, 34). Pregare è ancora mettersi nella Chiesa, nel lavoro della Chiesa con tutta la nostra persona, perché l’opera della salvezza è opera di preghiera. Guardiamo allora di passare questi giorni in profonda riflessione. Sta a noi che si operi in ogni anima nostra, nella nostra comunità, il prodigio di comunicazione che è la Pentecoste. Sta a noi. Guardiamo allora di porci e di operare in questo senso, in un senso veramente profondo di umiltà.

CODICE 73F2O01366N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 03/06/1973
OCCASIONE Omelia, VII Domenica Tempo Pasqua - Anno B
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Missionarietà
ARGOMENTI Missionarietà
Condividi su
MOVIMENTO FAMILIARIS CONSORTIO
Via Franchetti, 2
42020 Borzano
Reggio Emilia
Tel: + 39 347 3272616
Email: info@familiarisconsortio.org
Website: familiarisconsortio.org
  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
    tra la vita delle persone, condividendo tutto. 
    In fondo, forse, è il segreto più prezioso che ci ha svelato.”
    Umberto Roversi

© 2022 Movimento Familiaris Consortio | Via Franchetti, 2 42020 Borzano (RE) | info@familiarisconsortio.org |Privacy Policy | COOKIE POLICY | SITEMAPCREDITS