08/06/1975 - Omelia X Domenica Ord ore 6.30 e ore 8.15

Sant’Ilario d’Enza, 08/06/1975
Omelia, X Domenica Tempo Ordinario - Anno A - Messa ore 6, 30 e 8, 30

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Os 6, 3-6; Rm 4, 18-25; Mt 9, 9-13

MESSA ORE 6, 30

Al centro della nostra fede non sta una dottrina, non sta una precettistica morale, al centro della nostra fede sta una Persona e la nostra salvezza viene di qui, dal saperci unire a questa Persona, nel nostro dialogo con lei, nell’accoglierla nella nostra vita. Quando si accoglie Gesù, si accoglie la salvezza, si accoglie la certezza dell’oggi e la speranza del domani. Lui è tutto.

Il cristianesimo è Cristo e di nessun’altra dottrina al mondo si può dire così. Il cristianesimo è Cristo vivo e operante nella sua Chiesa ed è su questo che vi invito a fare la riflessione. La vostra relazione con Cristo determina con certezza quella che è la vostra vera vita cristiana. Vorrei soprattutto che insisteste nell’analisi di un rapporto ben preciso. La Messa ci porta lui vivente e lui per noi, è nella Messa dove in modo specialissimo dobbiamo fare il nostro incontro, ci porta lui vivo. In ogni Messa abbiamo un prolungamento dell’Incarnazione, per noi uomini, per la nostra salvezza, discende dal cielo. La Messa non è solo l’annuncio di cose passate, la Messa è Gesù che viene vivo, vero, che viene sul nostro altare e viene proprio per noi. Pensiamoci bene: per noi, per me, per te. Quando, tra pochi minuti, noi ripeteremo il mistero della sua presenza, ecco, ci dobbiamo ripetere, dobbiamo ripeterlo fino in fondo: viene per me, viene perché mi ama. Se ci fossi solo io nell’universo, bene, verrebbe solo per me. Viene per me perché mi ama, viene per me perché è mio amico, viene per me perché mi vuol donare tutto quello che ha. Non viene in una sola, graziosa presenza, non viene unicamente per darmi un regalo, viene per darmi tutto, tutto: “Quello che ho ricevuto dal Padre, è per voi”, lo ha detto. Quando perciò noi pensiamo a Gesù e alle sue opere come a una cosa del passato, tradiamo la verità, Cristo viene adesso per me.

E allora ecco che mi ripete le parole già dette a Matteo. Passando, gli disse: “Seguimi!”, perché il primo dono che lui ci fa è proprio in ordine a questa sostanziale vocazione nostra. Il cristiano deve essere una rinnovazione del Cristo e la gioia vera e la forza vera e la dignità vera sta proprio qui: nel poter essere simili a Gesù e perciò nel potere rinnovare le sue virtù in noi e portare la salvezza a tutto il mondo. Il significato della Messa voi lo conoscete bene: viene per darmi tutto ma viene ancora per associarmi alla sua opera. Viene il Signore e dice: “Seguimi”, perché è venuto ed è missionario e ogni cristiano deve così continuare questa missionarietà.

Ci interroghiamo se capiamo così la Messa, che è presenza ed è sacrificio, cioè Gesù ripresenta al Padre la sua oblazione e ci unisce a questa sua oblazione, per cui la Messa non è semplicemente un assistere, la Messa deve essere per noi un partecipare. È un’azione, l’azione per la quale, uniti al Signore, presentiamo al Padre i nostri atti di fede, la nostra offerta in unione all’offerta del Signore, il nostro proposito.

Guardiamo allora con quanta vivacità di fede partecipiamo alla Messa e impegniamoci perché la Messa sia una vera ricchezza, un vero stare con lui e agire con lui e impegnarci fino in fondo con lui.

MESSA ORE 8,30

Sta tutto qui: nell’incontrarci con lui e nel seguirlo, perché incontrare lui è incontrare la vita. Il Signore ha definito se stesso: “Io sono la resurrezione e la vita”, è lui nella sua Chiesa risorto e operante, non andiamo a cercare in altre cose. Tutto si risolve nell’incontrarlo perché, ripetiamo le parole di San Pietro: “Signore, se andiamo lontano da te, che cosa possiamo fare?”.

Un incontro. E vorrei che meditassimo molto su questa capacità d’incontro che c’è nella Chiesa. Ogni uomo può trovare il suo Signore, ogni uomo può avere il suo Signore per sé come non fosse per nessuno, il Signore è venuto per ogni anima anche venendo per tutte le anime.

Ci fermiamo solo su una riflessione, che un tempo privilegiato d’incontro è la nostra preghiera. Cos’è pregare? Incontrarci con lui, ancora più esattamente: è lui che viene a noi. Prendiamo le parole del profeta Osea nella prima Lettura: la sua venuta è sicura come l’aurora. Come è certissima la legge naturale, il verificarsi dei fenomeni naturali, così è sicurissima questa venuta di grazia, d’amore per noi. È sicura come l’aurora ed è feconda, feconda come la pioggia di primavera. C’è il rigoglio della vita, c’è una sicura vegetazione che porta al frutto. Delle volte immaginiamo che pregare sia andare a trovare delle cose molto difficili o comunque andare a trovare delle cose nuove. Pregare è accoglierlo, così come dice il Salmo responsoriale: “Accogli, o Dio, il dono del nostro amore”. Lo accoglie, perché viene in noi ed è lui che parla, ed è lui che rende giusta e feconda la nostra vita. Per far questo, ecco il suggerimento della seconda Lettura: la fede. Dobbiamo credere in lui, dobbiamo credere alla sua infallibile venuta, la venuta del Salvatore e del Redentore, ed è l’esempio di Abramo: “Si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio. Credette contro ogni speranza”. E veramente l’esempio di Abramo è l’esempio che dobbiamo sempre avere davanti, perché molte sono le cose della vita che tentano di oscurare la nostra fede: incertezze, tentazioni, prove, momenti di buio, momenti di stanchezza. Quante cose si ergono per impedirci un cammino spedito! Ogni età ha le sue tentazioni. I nostri bambini hanno le loro, la gioventù le ha forti queste tentazioni e insistenti, ma non meno, anche se diverse, sono le tentazioni di chi è in età adulta, perché è proprio nel superamento di queste difficoltà che dimostriamo la nostra fedeltà e dimostriamo che il Signore è davanti a noi. Nemmeno i nostri peccati diventano un ostacolo, perché sta scritto e lo ha detto lui: “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. Tutto è superabile quando c’è questa fede.

E allora in questa gioia della fede c’è la logica conseguenza. Non possiamo solo dir di sì con la mente e con il cuore: dobbiamo dire di sì con tutta la vita ed è proprio lì dove si esprime in pienezza la nostra preghiera. C’è il momento della preghiera-colloquio, seguito dai momenti della preghiera-opere. È facendo la volontà di Dio, è testimoniando davanti agli uomini nella carità e nella generosità, che noi realizziamo la vera preghiera. C’è un momento, dicevo, privilegiato: è il momento della sistole, è il momento del fermarci con lui per ascoltare la sua Parola, per meditarla e farla scendere fino in fondo all’anima nostra. Poi c’è la diastole, c’è il donare agli altri: “Il Signore mi ha mandato ad annunciare ai poveri la buona novella, a proclamare ai prigionieri la liberazione”.

Ecco, a tutti i poveri che non conoscono il Signore, che non conoscono la gioia della sua venuta, a tutti i prigionieri delle loro passioni e dei loro vizi, a tutti i prigionieri dei condizionamenti sociali, diciamo: ecco la liberazione, ecco l’incontro con il Signore.

Perciò poniamoci generosamente in questa riflessione: Signore, io credo che tu sei presente. Io credo che sei nella tua Chiesa, nella forza e nella gloria della tua resurrezione. Ti rispondo come ha risposto Matteo: “Si alzò, lo seguì”.

Mi alzo. Da quante cose mi devo alzare!

Ti seguo, anche quando tu vuoi passare per il Calvario. Ti seguo. Ti seguo con umiltà, sono indegno di seguirti. Ti seguo però con amore, perché tu sei venuto e mi hai chiamato e perciò tu mi hai amato per primo. Io devo accogliere in pienezza questo tuo prodigioso amore.

CODICE 75F7O01339N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 08/06/1975
OCCASIONE Omelia, X Domenica Tempo Ordinario - Anno A - Messa ore 6, 30 e 8, 30
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI La Messa, seguire Cristo
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