Gb 38, 1. 8-11; 2 Cor 5, 14-17; Mc 4, 35-41
OMELIA ORE 6, 30
Abbiamo contemplato Cristo risorto. Abbiamo visto nel periodo pasquale la grandiosità di questa risurrezione: “Egli”, dirà in un famoso discorso san Pietro, “Egli è stato costituito Signore” (At 2, 36). Ecco, in questo tempo delle domeniche fra l’anno noi siamo invitati a considerare i frutti della sua risurrezione e oggi la Liturgia sottolinea la potenza di Gesù, quella potenza che già si manifesta nella creazione.
Nella prima Lettura siamo chiamati, per mezzo delle parole di Giobbe, a vedere questa grandiosità di provvidenza. Il Salmo ci diceva: “Diamo lode al Signore per i suoi prodigi”. L’universo intero canta la sua gloria, perché canta la sua meravigliosa perfezione e, come dalle lontane nebulose alle cose più vicine a noi, dall’immensamente grande all’immensamente piccolo c’è la sua mano. Ora Gesù è posto al centro della creazione.
La risurrezione di Gesù non interessa solo noi uomini, interessa tutto l’universo, perché lui è al centro ed è per questo, soggiunge l’apostolo Paolo, che l'amore del Cristo, di colui che, padrone dell’universo, si è offerto per noi, deve dare tutto un altro tono alla nostra vita. Dobbiamo essere completamente nuovi. Ecco allora il modo per cogliere questa potenza del Cristo, il modo perché attraverso lui veniamo ad avere un’altra visone delle cose e della creazione, ecco, sta proprio qui, nell’unirci con lui, nel vivere una stessa vita per noi, perché noi non viviamo più per noi stessi. Ecco una diversa visione degli altri! Tutto è nuovo per un cristiano, proprio perché unito a Cristo ne partecipa la gloria, ne partecipa la potenza, questa potenza per la quale il cristiano sa di essere l’uomo della risurrezione, l’uomo cui deve fare paura solo una cosa, deve fare paura solo il peccato, perché il peccato ci divide da Cristo, il peccato ci distacca da tutto quello che Cristo ci ha regalato e ci ha portato. “Loda Gerusalemme il tuo Dio, che manda sulla terra la sua parola” (Sal 147, 12- 15). Ecco, vogliamo sapere come ci possiamo unire ancora di più a Cristo? E’ proprio nella meditazione e nella riflessione della sua Parola.
Avere fede è allora la nostra gloria, è allora la nostra forza nella sua Parola: “Si sollevò una grande tempesta” (Mc 4, 37), sotto un aspetto umano giustamente avevano paura. Gesù li sgrida: “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?” (ib. 40). Ecco allora la nostra volontà di unione sempre più forte a Gesù, ecco la nostra volontà di partecipare ancora di più ai frutti della sua risurrezione, ecco il nostro proposito di comunicare con lui attraverso la sua Parola, attraverso la preghiera. Insistiamo allora, perché la nostra preghiera sia fervida, perché i nostri sentimenti siano sempre adeguati a lui, al suo amore, alla sua volontà. Viviamo così del Signore con molta serenità.
OMELIA ORE 8, 30
Nella Liturgia di oggi possiamo comporre tre quadri in un'unica tematica: la potenza del Signore. Con la sua risurrezione Gesù è entrato nella gloria del Padre, siede alla destra del Padre, cioè si verificarono le parole del Salmo “Ecco, io ti darò tutto in mano, ogni popolo è tuo” (cfr. Sal 2, 8).
Nel primo quadro abbiamo la potenza di Dio nella creazione. Gesù è diventato il Signore anche della creazione. Giobbe davanti a un grande spettacolo della natura, l’irrompere dell’oceano, pensa come anche l’oceano ubbidisce a Dio, come anche l’oceano ha i suoi confini, i suoi termini ed esalta Dio. Ecco Gesù, che non è solo al centro della storia degli uomini, è al cento della storia cosmica. Tutto l’universo ha un punto di convergenza ed è in Cristo.
Il secondo quadro è un esempio della potenza di Cristo, Cristo in mezzo alla tempesta, con un gesto tutto è calmo e forse gli apostoli sono più sbigottiti adesso che prima: “Ma chi è costui al quale il vento e il mare ubbidiscono?” (Mc 4, 41). È un segno, cioè ci fa capire come Cristo Signore ha in mano tutto, tutto gli ubbidisce: “Tuoi sono i cieli e tua è la terra” (Sal 89, 12), canta la Liturgia! Ecco, Cristo Signore è al centro anche delle vicende degli uomini: “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?” (Mc 4, 40). Qual è la sicurezza degli uomini? Avere la fede. Qual è la gloria degli uomini? La fede. Qual è la roccia sulla quale porci? Lo ha detto lui stesso: “Chi ascolta la mia parola e la mette in pratica è come l’uomo che ha costruito la sua casa sulla roccia! Vengono le tempeste, imperversano i venti, ma quella casa è solida, perché è fondata sulla roccia” (Mt 7, 24-25).
Ed ecco allora il terzo quadro. Si tratta della costruzione più difficile, la costruzione del figlio di Dio. Si tratta di sollevare la nostra povertà fino alle altezze sublimi del Cristo. San Paolo nella lettera ai Corinzi sottolinea questo miracolo, che è più di tutti i miracoli, che l’uomo abbia questa dignità, possa vivere in questa dignità e possa essere una creatura nuova. Al di sopra di ogni prodigio sta allora questa trasformazione dell’uomo in Cristo. L’uomo pieno di egoismo, l’uomo pieno di orgoglio, l’uomo pieno di sensualità, ecco, per la potenza della sua morte e della sua risurrezione, viene trasformato e diventa, a somiglianza del Cristo, donato nell’amore, pronto a superare ogni suo orgoglio ed ogni sua pesantezza di tentazione. “Le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.” (2 Cor 5, 17). È allora proprio la meditazione più forte: poveri, deboli, pieni di miserie, non abbiamo da disperare, la creatura nuova può verificarsi, certamente si verificherà. “Quello che era il popolo” , dirà l’apostolo san Paolo, “il popolo della schiavitù diventerà il popolo della libertà, perché diventerà il popolo di Cristo”.
Ecco allora il motivo della nostra speranza: noi siamo fatti per il Paradiso! Sembra difficile che noi possiamo essere degni di stare con gli angeli! Però ecco la sua parola quando, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: “Passiamo all’altra riva” (Mc 4, 35). Ci sono due rive, la riva del tempo e la riva dell’eternità. Quando per ognuno sarà venuta la sera, chi è che opererà il prodigio? Gesù disse: “Passiamo all’altra riva”. È la sicurezza della nostra salvezza, la sicurezza della salvezza di tutti coloro che pongono la loro speranza in quel bene che è Gesù, in quel supremo bene che è Gesù, perciò ecco la nostra fiducia in Cristo. I nostri peccati e le nostre miserie non ci devono spaventare, neppure i peccati e le miserie degli altri: Cristo è più potente di ogni cosa. Cerchiamo allora di vivere uniti a lui, di avere sempre più confidenza con lui, di realizzare la nostra vita cristiana in un abbandono pieno e fiducioso nella sua misericordia.
CODICE | 76FLO0133BN |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 20/06/1976 |
OCCASIONE | Omelia, XII Domenica Tempo Ordinario - Anno B - Messa ore 6.30 e 8.30 |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Vivere la resurrezione di Gesù Signore |
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