Zc 12, 10-11; Gal 3, 26-29; Lc 9, 18-24
“Chi sono io secondo la gente?” (*Lc 9, 18); erano svariate le opinioni. E il fenomeno si è ripetuto nei secoli e anche adesso tutto il mondo si chiede chi è Cristo, e ogni ideologia ha cercato di captare Cristo e ne ha visto solo un aspetto.
Chi è il Signore Gesù, perché noi lo possiamo incontrare nella verità, nell’amore? Gesù stesso si è premurato di liberare i suoi apostoli dalle opinioni dominanti. Volevano vedere in Lui un messia lanciato nel trionfo e Gesù dice: “Non è così: il Figlio dell’uomo deve soffrire molto” (*Lc 9, 22).
Ecco, chi è Gesù? Ci risponde per primo il profeta Zaccaria e lo abbiamo sentito: è uno trafitto e, proprio perché trafitto, guarderanno a Lui. San Giovanni evangelista ricorderà questa profezia, descrivendoci Gesù col petto squarciato. “Hanno guardato a Colui che hanno trafitto” (*Gv 19, 37). Gesù allora è uno che salva e ha salvato e salva per amore. Gesù è Colui che redime, a costo delle proprie sofferenze e del proprio martirio; è Colui dunque che ama, ama e soffre, e dona tutto nel suo amore e nella sua sofferenza fino alla morte.
Chi è Gesù? È questa meravigliosa personificazione dell’amore che si immola; è Lui che ha svelato al mondo che Dio è amore e che “Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna” (*Gv 3, 16).
Guardare Gesù, allora, è guardare all’infinito amore di Dio che si è manifestato a noi. Ma non ci possiamo limitare ad ammirarlo, a ringraziarlo, ad adorarlo! Nella seconda Lettura san Paolo ci avverte di quanto noi siamo partecipi: “Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo” (*Gal 3, 27). Così ci ha amato Gesù, da renderci partecipi della sua redenzione, ma non semplicemente come beneficiari, come collaboratori! Il Battesimo ci rende così uniti a Cristo da avere la sua stessa missione, così uniti al Cristo da poter donare, così uniti al Cristo da partecipare con pienezza al suo amore per gli uomini. Allora unirsi al Cristo vuol dire amare, amare veramente il Padre e per amore di Lui aprire il cuore a tutti ed essere disposti a pagare per la salvezza; solo così possiamo definirci suoi discepoli! Continua san Paolo e dice: “E se appartenete a Cristo, siete discendenza di Abramo” (*Gal 3, 29) e Abramo ci richiama alla fede, ci richiama al monte Moria, ci richiama al monte del sacrificio del figlio, ci richiama a una disposizione totale di obbedienza. Il Signore vuole che noi proseguiamo questa legge di ubbidienza, di umiltà, di sacrificio, perché altrimenti ci chiuderemmo in noi stessi e il nostro sarebbe un bel dialogo con Dio, ma un dialogo che sarebbe incapsulato nel nostro egoismo. Noi dobbiamo amare, offrire e per questo dobbiamo evangelizzare.
Ecco allora la riflessione di questa domenica: imparare nella fede a guardare a Cristo, ma a un Cristo vero, al Cristo sulla croce, che ci ha donato la risurrezione, proprio perché ha amato fino alla morte di croce.
Noi dobbiamo vincere tutta la nostra pigrizia, tutto l’eccessivo amore al nostro comodo ed entrare con forza, entrare con gioia in questa dinamica della salvezza. La salvezza è stata data da Gesù, ma spetta anche a noi di renderla efficace.
“Vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre ve l’ho fatto conoscere” (*Gv 15, 15). La volontà del Padre è proprio questa, che noi continuiamo Gesù, arricchendoci del suo amore, impreziosendo la nostra vita col sacrificio unito al suo, nell’amore verso tutti, particolarmente per chi è più bisognoso di una salvezza che noi, troppo spesso, immaginiamo solo per noi.
CODICE | 80FNO0133BN |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 22/06/1980 |
OCCASIONE | Omelia, XII Domenica Tempo Ordinario - Anno C |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Amicizia con Gesù – Collaborare alla redenzione |
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