Ger 20, 10-13; Rm 5, 12-15; Mt 10, 26-33
MESSA ORE 6, 30
Il timore di Dio non è la paura di Dio, è la paura di offenderlo, è la sofferenza per i peccati fatti, è la volontà di non lasciarsi mai trascinare dalla presunzione di fare la propria volontà, trascurando la volontà di Dio.
Un cristiano ha questo timore, ma non ne ha un altro: “Non abbiate paura” (Mt 10, 28), ci ha detto il Signore. Quel “non avere paura” dice colui che alza gli occhi al cielo e riconosce in Dio un Padre, un Padre pieno di amore, pieno di tenerezza; non ha alcuna angoscia, non ha alcuna oppressione, riconosce nelle cose una linea di affetto, una linea di bontà. Di fronte ai dolori e alle prove della vita non si smarrisce, perché sa che il Signore è infinita Bontà, è infinita Provvidenza.
Ecco, su queste cose qui siamo invitati a fare la riflessione e la prima riflessione sta dunque così, che dobbiamo avere una paura e che è quella di offenderlo. Educarci al timore di Dio è educarci allora a vedere la vera fisionomia di Dio, a riconoscere nel Signore non un padrone che comanda dall’alto e ci stritola con la sua legge, ma riconoscere che Dio è infinitamente amabile. Ci ama da tutta l’eternità, per noi ha consegnato alla morte suo Figlio e la storia della nostra vita è una storia che manifesta chiaramente questa sua bontà e misericordia. In ogni cosa allora scoprire quanto vi è di amore di Dio, scoprire in ogni cosa la sua Provvidenza e la sua infinita Provvidenza, scoprire in ogni cosa come il Signore è veramente nostro Padre. È la prima riflessione e perciò in questa riflessione maturare la nostra volontà di non disgustarlo mai, la nostra volontà di aderire sempre al suo piano di carità, al suo piano di sapienza. Unire la nostra volontà alla volontà di Dio in ogni occasione: “Sia fatta la tua volontà con la stessa perfezione con cui è fatta in cielo dagli angeli”,
un’adesione dunque incondizionata alla volontà di Dio, che porterà ancora al dispiacere di non aver fatto sempre nella nostra vita questa volontà, di esserci discostati, di essere andati contro, cioè di aver fatto dei peccati. Il sentimento di penitenza dei nostri peccati dev’essere sempre alla base del nostro atteggiamento religioso, perché sempre noi siamo dei peccatori, di coloro che purtroppo hanno detto di no al loro Signore.
La seconda riflessione è il far crescere nei nostri cuori un grande sentimento di confidenza, di sicurezza. Quando abbiamo con noi il Signore, nessuna cosa ci deve buttare nella disperazione. La speranza cristiana vince tutto, perché la speranza cristiana è basata sull’infinta promessa di Dio, su quella fedeltà di Dio che non manca mai. Dio ci ha promesso il suo aiuto, Dio ci ha promesso che ci condurrà a salvezza, Dio ci ha detto che niente può venire di disastroso per uno che lo ama: questo dev’essere sufficiente per noi, anche di fronte alle più grandi prove. La speranza cristiana è l’incrollabile sicurezza della fedeltà di Dio. Dio è fedele, Dio ci è vicino, Dio ci aiuta.
Ecco, in questo sentimento dobbiamo mettere la nostra anima, perché non sia mai che abbiamo paura delle cose, che abbiamo paura degli avvenimenti come fanno i pagani. Noi abbiamo il Signore e la nostra speranza è speranza di cose veramente grandi, perché il Signore ci ha promesso la sua assistenza, ci ha promesso la continua sua Provvidenza e poi ci ha promesso la sua casa, la casa della sua gloria. Ed è in questo soave pensiero, che quello che lui ha cominciato compirà, che la nostra anima veramente prenda la spinta più grande.
Ecco, servire Dio, avere paura di offenderlo, ma non avere nessuna altra paura. Confidare, essere sicuri del suo amore, essere sicuri di quella continua sua Provvidenza, che si manifesta nel mondo materiale, ma che ancora più si esercita nel mondo spirituale.
meSSa ore 8,30
La linea della riflessione che ci propone la Liturgia di oggi è ben precisa, parte da una constatazione: non c’è vita senza un’insidia alla vita. La vita allora è un combattere, vivere è lottare, lo è così nell’ordine naturale, lo è nell’ordine soprannaturale. Il bene non si afferma che come contrasto, perché insieme al bene c’è il male, perché nell’uomo oltre ai sentimenti di bene ci sono degli istinti di male. E nella prima Lettura il profeta Geremia ci racconta della sua situazione difficile, una situazione dal punto di vista umano assurda, assurda perché è abbandonato da tutti: “Tutti i miei amici”, non i nemici, gli amici, “spiavano la mia caduta” con la compiacenza. E nella seconda Lettura san Paolo ci dà la ragione profonda di questa terribile lotta. C’è all’inizio un disordine: la storia dell’umanità è colpita fin dal principio da una morte spirituale, da una mancata adesione alla volontà di Dio che provoca un disordine, che provoca una tragedia. Nessuno può essere buono se non superandosi, ognuno si trova in un mondo in contrasto. Di qui l’esortazione di Gesù: “Non abbiate paura, non siate dei timidi” e per il cristiano è assolutamente vitale. O il cristiano è orgoglioso della verità che gli ha dato il Signore, è entusiasta di questa verità, non è sua è di Dio, quando la difende non difende qualcosa di suo, una sua ambizione, difende Dio, difende la comunicazione e l’amore di Dio, il cristiano allora è coraggioso, il cristiano non ha dubbi, non ha incertezze, non ha oscillazioni. Il cristiano custodisce nella sua vita la verità del Signore e ne dà testimonianza. Parrebbe incredibile in un mondo che è così permissivo che ogni sciocchezza è gridata, che addirittura è un mondo in cui si fa l’apologia del delitto, l’apologia del delitto, perché così è l’aborto in ogni caso, l’apologia del delitto, che dei cristiani siano paurosi della loro identità, che i cristiani non dicano chiaro quello che è secondo il Signore. “Quello che dico nelle tenebre ditelo nella luce, quello che ascoltate nell’orecchio predicatelo sui tetti!” (cfr. Mt 10, 27)
È necessario che noi facciamo la revisione della nostra coscienza, perché troppe volte tacciamo, perché troppe volte con la scusa della carità … La carità vera è sempre e sommamente apprezzabile, ma la carità timida, la carità che diventa pretesto, una forma di sgomento e di incertezza, quella carità non vale.
È necessario che noi diciamo la verità, la verità del Signore senza paura, che la diciamo a tutti, che la diciamo alta, che la diciamo forte!
È necessario che la verità del Signore resti sublime e grande nella nostra vita individuale e nella nostra vita comunitaria. La verità del Signore!
È necessario che tutti noi diamo questa piena dimostrazione di fede nelle nostre conversazioni private, nell’ambiente di lavoro, con chi incontriamo casualmente, con chi in qualche maniera, ecco, viene vicino a noi. La verità del Signore rimane in eterno, noi non la possiamo manipolare, noi non la possiamo diminuire, noi non la possiamo rimpicciolire secondo la nostra misura. La verità del Signore è eterna, noi siamo i servi della verità del Signore, non siamo noi i proprietari della verità, non sta a noi diminuire il Vangelo, non sta a noi rendere i precetti del Signore diversi.
La verità del Signore rimane in eterno: non abbiate paura, neanche di quelli che uccidono il corpo! C’è una Provvidenza che va oltre ogni credere. “Anche i capelli del vostro capo sono contati” (Mt 10, 30) come cose preziose, si contano le cose preziose non le cose che non valgono.
E allora, ecco la nostra parte. Diciamo, secondo il precetto del Signore, diciamo il loro nome alle cose: “Sia il vostro parlare sì, sì, no, no”. Diciamo a ciò che è immorale che è immorale, diciamo a ciò che è tradimento che è tradimento, diciamo a ciò che è debolezza che è viltà, diciamo le cose con il loro nome. Testimoniamo con la nostra vita che il Signore è grande e che non manca mai, perché dalla nostra vita esca solo una cosa, una cosa che nella nostra umiltà possiamo e dobbiamo porre: riconoscere che il Signore è l’unico Salvatore, che nessun’altra cosa ci può salvare, solo Gesù ci può salvare. Che cosa vuol dire: “Chi mi riconoscerà davanti agli uomini”? (Mt 10, 32). Ecco, proprio questo: riconoscere lui, amare lui, vivere di lui. L’uomo non può trovare in nessun’altra cosa un sostegno e una forza, solo in Cristo Signore! Ci è stato dato dal Padre per essere sempre con noi, è con noi fino alla fine dei secoli.
E allora la comunità cristiana vive di questa certezza, del Signore che è risorto ed è in mezzo a noi, del Signore che è risorto e ci dà la forza e il coraggio di proseguire giorno per giorno. Non importa se il mondo non ci capisce, non importa se il mondo ci critica, non importa se quelli che devono aiutare tradiscono. Non importa! Quello che è importante è questo: che noi siamo con il Signore, che noi viviamo di lui, che noi, nella nostra povertà, gli diamo una testimonianza piena: “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente”.
CODICE | 75FNO0133BN |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 22/06/1975 |
OCCASIONE | Omelia, XII Domenica Tempo Ordinario - Anno A - Messa ore 6, 30 e 8, 30 |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Il timore di Dio, il bene il male e il coraggio della verità |
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