Gs 24, 1-2. 15-17. 18; Ef 5, 21-32; Gv 6, 60-69
È una Liturgia che sottolinea con molta forza la decisione, che è necessaria conseguenza del nostro Battesimo. La nostra adesione a Cristo non può essere limitata né in certi momenti, né in determinati ambienti, deve essere una adesione totale.
Nella prima Lettura abbiamo ascoltato il discorso di Giosuè, quando con chiarezza, una chiarezza che denotava un’enorme decisione, pone il popolo ebreo di fronte alle sue responsabilità: volete essere del Signore? Siate conseguenti.
Nella seconda Lettura l’apostolo Paolo sottolinea una pratica conseguente: chi aderisce a Cristo aderisce alla sua legge di amore, perché “sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo”, ed esemplifica nella famiglia.
Poi nel Vangelo abbiamo visto l’apostasia di molti: “Molti dei suoi discepoli si tirarono indietro” (Gv 6, 66). Cessarono i facili entusiasmi, cessarono le facili acclamazioni, restava da seguire il Cristo nel mistero, restava da capire quello che Cristo avrebbe fatto fino allo scandalo della croce. Di qui la crisi, la crisi di molti e la crisi di Giuda, che arrivò al bacio del tradimento. E da allora in poi è stato sempre così: i deboli, i mediocri, coloro che non sanno dare all’amore di Dio, un po’ alla volta lasciano e possono finire fino all’abisso del tradimento. Perciò ognuno di noi deve avere paura di essere mediocre. Se c’è una cosa, di cui dobbiamo temere, è proprio questa: il compromesso, il tentare di diluire la parola forte del Vangelo, di adattarla a noi, di adattarla alla nostra mediocrità di pensiero e di opere, al nostro egoismo; il tentare allora una forma di cristianesimo su misura, quasi che noi potessimo ridurre la statura del Cristo alla nostra. San Paolo dice esattamente il contrario: “Crescete!”. Quante volte lo ripete nel suo messaggio: “Crescete fino alla statura del Cristo”. O il cristiano realizza, per quanto può, Cristo, o altrimenti non ci sono mezze misure; o si è suoi, o si finisce in quello che il testo del Vangelo chiama lo scandalo, cioè il disorientarsi, cioè il perdersi, cioè il non vedere più la bellezza della grazia della vita cristiana, il vederne solo i sacrifici, il vederne solo i limiti, il vederne solo i pesi e, quando si concepisce la legge d'amore del Signore come un peso, presto o tardi lo si scrolla di dosso, è evidente.
Sia dunque la Liturgia di oggi un motivo che ci faccia essere più consequenziali, più logici, più forti, perché tutto il cristianesimo consiste nell’amore. Ora lo sappiamo, chi ama deve amare fino in fondo, altrimenti è un amore che si spegne. È terribile, vero? Quest’amore si può cambiare nel suo contrario, si può cambiare nell’odio! Quando sulla piazza, detta litostrato, la folla gridava a Cristo il suo odio e urlava a Pilato: “Crocifiggilo!”, parecchi di quelli che erano lì, avevano creduto un giorno di amare Cristo, avevano creduto, ma il loro amore non aveva superato l’egoismo, non aveva superato l’orgoglio, non aveva superato quella forma di sensualità, che domina l’uomo, ed erano finiti nell’odio. Il Signore ci aiuti a costruire nella nostra vita un vero, un grande, un totale amore a Lui.
CODICE | 73HRO0133KN |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 26/08/1973 |
OCCASIONE | Omelia, Domenica XXI Tempo Ordinario - Anno B |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Mediocrità, adesione totale a Cristo |
ARGOMENTI | Mediocrità, adesione totale a Cristo |
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