24/08/1986 - Omelia XXI Domenica Ord

Sant’Ilario d’Enza, 24/08/1986
Omelia, Domenica XXI Tempo ordinario – Anno C

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Is 66, 18-21; Eb 12, 5-7. 11-13; Lc 13,22-30.

“Sforzatevi di entrare per la porta stretta”. Sono parole di Gesù che ci devono far riflettere fino in fondo sulla nostra condizione di oggi che condiziona la nostra vita di domani.

Bisogna capire bene che è necessario il servizio di Dio perché noi siamo creature sue, perché noi siamo suoi figli e dobbiamo fare la sua volontà.

Essere cristiani non è fare la volontà propria, fare i capricci propri e saltarci fuori con qualche gesto di devozione e di rito. No! La salvezza è legata alle nostre opere, a quello che facciamo, non a quello che facciamo in certi momenti ma a quello che facciamo abitualmente: il tenore della nostra vita, l’esercizio della nostra viva fede.

La fede è una cosa viva! Deve essere perciò vissuta in pienezza, deve essere abbracciata con entusiasmo e seguita con perseveranza.

La porta stretta, lo sappiamo bene, vuol dire che non possiamo seguire la larghezza, la latitudine del mondo che solletica, che piace sul momento ma che conduce all’abisso.

Noi dobbiamo impegnarci con un’umiltà di obbedienza, con un’umiltà di fatti, con un’umiltà che copra tutta la nostra esistenza.

Siamo suoi: Dio ci ha fatti. Siamo suoi: Dio ci ha redenti. Non dobbiamo fare quello che pare a noi ma quello che vuole Lui. Quello che pare a noi, molte volte, lo sappiamo, nasce dalle nostre passioni, nasce dal deterioramento della nostra vita, dalla cattiva nostra vita, da una vita proiettata nell’egoismo e nell’orgoglio.

Dobbiamo assolutamente impegnarci a vivere come vuole Lui, perché questo è sapienza. Dio non comanda a caso; Dio comanda con un’intelligenza meravigliosa e con un amore mirabile. È per questo che dobbiamo abbandonarci alla sua legge, sapendo che la sua gloria, la gloria di Dio, coincide con il nostro bene, che quello che vuole Dio è per la nostra vera gioia e per la nostra vera salvezza.

Ecco perché ci dobbiamo convertire. Dobbiamo convertirci perché dobbiamo abbandonare quella che è la corruzione nostra, quella che è la miseria nostra e darci a Lui.

La vera fede è accettazione della sua luce, della sua Parola.

Convertirci ogni giorno. Dilatare il nostro cuore, superare le nostre passioni, superare la nostra mediocrità, la nostra pesantezza. Come siamo pesanti, alle volte: facciamo fatica a fare una preghiera, facciamo fatica ad essere fedeli a ciò che ci siamo proposti, ed è il minimo. Come siamo pesanti! Vergogniamoci se lo siamo e impegniamoci a correre nella vita del Signore.

Correre, come dice il salmo (cfr Sal 118,32); cioè non perdiamo tempo perché non ci avvenga ciò che ha detto il Signore: “Molti cercheranno di entrarvi ma non ci riusciranno” (Lc 13,24), non ci riusciranno perché hanno abusato della grazia e la grazia non è, come potrebbe essere, efficace e forte.

Darci a Dio vuol dire allora lasciarci condurre da Lui, impegnarci nel bene, fare le nostre opere buone. Scendiamo subito in pratica: quali sono le opere buone che possiamo fare, che sono richieste dal nostro dovere?

Impegniamoci perché sia una settimana piena di fervore, di impegno, di generosità e di umiltà, sia una settimana, questa che si apre, di vero servizio a Dio. Se serviamo Dio, abbiamo la gioia, abbiamo la sua benedizione ma se restiamo nei nostri peccati, nella nostra mediocrità non realizziamo e siamo poveri, vuoti e tristi.

CODICE 86HPO0133KN
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 24/08/1986
OCCASIONE Omelia, Domenica XXI Tempo ordinario – Anno C
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
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