Lc 14, 1. 7-14
Il Signore c’insegna l’umiltà, e che sia la virtù di cui abbiamo più bisogno è evidente, perché l’orgoglio, troppo spesso, domina in noi. La causa di tanti mali che sono nel mondo è proprio questa: l’orgoglio, perché non sappiamo stare al nostro posto e vorremmo essere più in alto, più in alto davanti agli occhi di tutti, dimenticando che quello che c’è in noi di bene, non è nostro, è un dono del Signore, perché è da Lui che viene ogni grazia, ogni dono naturale e soprannaturale.
Dobbiamo allora riflettere su questa pagina del Vangelo, per vedere quanto in noi prende posto l’orgoglio, quanto prende posto e la superbia e i sottoprodotti. Noi sappiamo che sono molti i sottoprodotti: dall’ambizione alla vanità, dalla pretesa irragionevole alla mancanza di bontà e di carità perché, secondo noi, non ci trattano come dovrebbero.
Il Signore ce l’ha detto: va’ ad occupare l’ultimo posto, perché ti aspetta l’ultimo posto. Non è per una considerazione pia, no. Tu, se guardi a quello che hai fatto, se guardi ai tuoi peccati, devi scegliere l’ultimo posto. Certo, così nella vita di famiglia, così nella vita sociale. Non cercare ciò che ti esalta: cerca la verità, l’autentica verità e, sapendo come sei davanti a Dio, non pretendere altro. Lo sappiamo che le divisioni, che gli odi, che tante ingiustizie avvengono proprio per una mancanza essenziale d’umiltà. Sappiamo l’arrivismo che c’è per occupare i primi posti. Sappiamo che non s’intende da tanti l’autorità come un servizio, ma piuttosto come un’esaltazione personale, e si cerca il posto migliore anche quando non si è capaci, anche quando si reca danno alla società.
Lo sappiamo quanto la vanità prende forza e domina il costume. Lo vediamo in queste estati, anche solo nel modo di vestire, dove alla vanità si sacrifica la dignità, dove non interessa il male che si può fare agli altri con lo scandalo di un corpo esibito maliziosamente. Si guarda solo al proprio interesse, cioè al preteso interesse, cioè all’essere caso mai ammirati da chi bisognerebbe non tener conto per niente del giudizio.
Quanti danni! Il Signore ci dice che dobbiamo fare il nostro dovere, fare il nostro dovere e non cercare altro. Quando offri un pranzo, non invitare i tuoi amici, va’ a delle cose più grandi, pensa alla carità, pensa alla solidarietà con gli altri, pensa che è tuo dovere essere dispensatore dei beni che Dio ti ha dato. Pensa a questo. L’umiltà è proprio in quest’ordine: l’ordine di una percezione chiara, forte del proprio posto. Prendi il tuo posto, il posto che ti ha dato Dio e abbi solo paura di non trafficare bene i tuoi talenti. E più uno ha responsabilità, più deve tremare invece di esaltarsi; deve tremare, perché più è il carico, più è il rendiconto che bisogna dare a nostro Signore.
Preghiamo allora per essere veramente come ci vuole il Signore e tutti noi, nel nostro piccolo, nell’ambiente in cui viviamo, esercitiamo l’umiltà che deve partire da una persuasione del cuore, da un senso vivo del dono di Dio.
CODICE | 83HTO0133LN |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 28/08/1983 |
OCCASIONE | Omelia XXII domenica tempo ordinario Anno C |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale, anniversario dell’ingresso di Don Pietro a Sant’Ilario |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Umiltà |
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