Is 45, 1. 4-6; Sal 95; 1 Ts 1, 1-5; Mt 22, 15-21.
Dare “a Dio quello che è di Dio”. Le dimensioni della nostra fede non possono semplicemente riguardare noi presi così uno per uno; tutti siamo chiamati a collaborare al bene di tutti, perché Dio vede nell’umanità una famiglia e vuole che questa famiglia realizzi il suo piano, il suo progetto d’amore. In questa famiglia − lo sappiamo! − siamo dei privilegiati perché abbiamo avuto e abbiamo tante grazie.
La giornata missionaria ci richiama ad una considerazione di fondo, ci dice allora: Tu che hai avuto tanto, perché non pensi a chi ha avuto tanto poco? Hai avuto più tu di centinaia di persone che sono nate lontano dalla fede: perché non pensi anche a loro? Perché non preghi per loro? Perché nella Messa non porti con te quelli che hanno bisogno del Signore e del suo sacrificio? Perché non ti preoccupi di dare quanto ti è possibile anche nel concreto materiale?
Non è questione di un gesto di generosità, è un tuo obbligo: sei chiamato a partecipare e il Signore, se non partecipi, ti domanderà conto perché sei stato così inspiegabilmente egoista, hai pensato solo a te, ti sei preoccupato solo delle tue cose, quasi non ci fossero milioni di persone che hanno bisogno, che hanno bisogno di sapere che c’è Dio, che la loro vita ha un senso, che c’è la possibilità di raggiungere una eternità beata.
Davanti al Signore devi allora farti una nuova coscienza se te la trovi così angusta e chiusa, ti devi fare una nuova coscienza, un senso grande della tua fede. “Pregate − ha detto Gesù ai suoi apostoli – pregate il Padre perché mandi molti operai nella sua messe, perché la messe è molta e gli operai sono pochi” (Mt 9, 37). Non possiamo limitarci a lodare chi abbandona tutto e va a portare il Vangelo; anche noi personalmente, anche noi come comunità dobbiamo allargare il cuore e compiere tutto il bene, tutto il bene possibile, dobbiamo restare in questa posizione che ci ha raccomandato Gesù, la posizione di intercessori.
Dobbiamo anche qui ricopiare la posizione della Madonna; noi la chiamiamo «Mediatrice» e in questo mese di ottobre dobbiamo, nella preghiera del Rosario, renderci viva questa posizione della Vergine Santa. Anche noi dobbiamo porre la nostra opera, la nostra invocazione perché il Signore salva l’uomo attraverso l’altro uomo, perché il Signore vuole che siamo pronti, generosi e fedeli in quest’ordine, che è un ordine di mirabile carità e di mirabile armonia. Aumentiamo allora la nostra carità e chiediamo al Signore che ci faccia comprendere quanto è ben necessaria, per essere pronti e forti.
È questo il canto nuovo al quale ci invita il salmo responsoriale: “Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra”; ecco: anche per noi, anche attraverso di noi, anche con tutta la nostra opera e tutta la nostra disponibilità.
CODICE | 84LMO0133SN |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 21/10/1984 |
OCCASIONE | Omelia, XXIX Domenica Tempo Ordinario, giornata missionaria – Anno A |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Essere missionari: Dio salva l’uomo attraverso l’uomo |
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