28/09/1986 - Omelia XXVI Domenica Ord

Sant’Ilario d’Enza, 28/09/1986
Omelia, XXVI Domenica Tempo Ordinario – Anno C

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Am 6,1.4-7; 1 Tm 6,11-16; Lc 16,19-31.

È necessario che raccogliamo le parole della parabola e le portiamo nel cuore. Cos’è che vale? Ciò che è eterno. Cosa conta quello che passa su questa terra? Quello che passa dev’essere una moneta di riscatto per l’eternità.

Il ricco epulone pensava solo a questa vita, a stare felice in questa vita: è stato dannato per l’eternità.

Bisogna che sentiamo viva questa urgenza, l’urgenza di lavorare per l’eternità. Troppo spesso dimentichiamo la realtà. Ogni giorno c’è chi muore e sembra che noi non moriamo. Invece, quando arriverà il nostro momento, non è più il tempo di meritare. Quello che si è fatto si è fatto.

Pensiamo al tempo che si perde, al tempo in cui, invece di cercare Dio, cerchiamo noi stessi in un egoismo sbagliato, cerchiamo le cose che non contano. È il fascino, come dice la Scrittura, della sciocchezza. Delle cose che non valgono ci prendono troppo tempo.

Bisogna convertirci. Prendere cioè una misura più esatta, la gerarchia dei valori: cercare quello che veramente vale di più. Quello che vale di più è fare la volontà di Dio in ogni nostra circostanza.

La volontà di Dio per la preghiera, la volontà di Dio per la liturgia, la volontà di Dio nell’amore e nel dono per la nostra famiglia, la volontà di Dio nell’amore vero del prossimo.

Bisogna che noi esaminiamo noi stessi per vedere quanto possiamo essere stati sconsiderati: buttar via la grazia del Signore, buttar via l’occasione per la sua misericordia. Buttare via: una vita povera, una vita miserabile, una vita senza senso. Com’è vero che il peccatore ha una vita senza senso! Non pensa a Dio e ai diritti di Dio, non pensa al prossimo e al bene degli altri, pensa solo ad accontentare le sue passioni. Vita buttata che non vogliamo.

Vogliamo essere ben prudenti, della prudenza che ci insegna il Vangelo. Vogliamo essere prudenti nel lavorare per Iddio, nel fare quelle opere buone che ci procureranno la gloria eterna. Nella fede. Avete sentito cosa risponde Abramo? “Hanno Mosè e i profeti”. Non aspettarsi dei miracoli: ci sono già! Non aspettarsi dei miracoli per credere. La nostra fede domanda semplicemente un’adesione vera sulla Parola di Dio, sulla testimonianza di Dio. Noi l’abbiamo. Crediamo forte! La fede è la nostra sicurezza, la fede è la nostra garanzia.

Dobbiamo essere sempre di più guidati, sorretti, illuminati, fortificati dalla nostra fede.

CODICE 86ITO0133PN
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 28/09/1986
OCCASIONE Omelia, XXVI Domenica Tempo Ordinario – Anno C
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
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