16/11/1980 - Omelia XXXIII Domenica Ord Messa ore 8.15 e Battesimo

Sant'Ilario d'Enza, 16/11/1980
Omelia, XXXIII Domenica settimana Tempo Ordinario - Anno C - Messa ore 8.15 e Messa di Battesimo

Ascolta l'audio

Ml 3, 19-20; 2 Ts 3, 7-12; Lc 21, 5-19

Rendere testimonianza: è la parola che ci ha lasciato il Signore. Ogni cosa deve essere per noi occasione di rendere testimonianza. E’ il senso della nostra vita, una vita che è un cammino, una vita che va verso il Signore, una vita che deve essere proprio preziosa nella stessa misura in cui è testimonianza. La Chiesa è pellegrina, diciamo, e tutti noi siamo per la strada, per la strada e dobbiamo camminare rendendo testimonianza.

Com’è bello pensare che la nostra esistenza, che si spende giorno per giorno in una apparente monotonia, in una apparente ripetizione di cose, è così accettata dal Signore, voluta dal Signore, come la prova del nostro affetto per Lui. Sta a noi non fermarci. L’egoismo è una cosa che ferma, che fa tornare indietro. La stanchezza viene proprio dall’egoismo: vorremmo chissà che cosa e vorremmo possedere le cose per noi, fermandoci in esse. Il Signore invece ci chiama e ci dice che la nostra vita deve essere simile alla sua. Ecco, Lui ha detto: “Sono venuto dal Padre e ritorno al Padre” (*Gv 16, 28). Tale è il nostro cammino.

Vorrei che questa domenica apprendessimo la legge, perché questo cammino sia spedito; vorrei che apprendessimo, in una riflessione profonda, come non ci possiamo attardare.

Che qualità deve allora rivestire il nostro cammino?

La prima: deve essere un cammino di fede, perché sta scritto: “La luce della tua parola è per i miei passi” (cfr. *Sal 118, 105). La luce, la direzione, il sapere vedere le cose, il sapere apprezzare le cose è dono di Dio; quel dono si chiama la fede. Non si perde mai la fede senza propria colpa. La fede è un dono prezioso, che non solo dobbiamo tenere con un cuore geloso e vigile, ma dobbiamo saper accrescere perché il demonio, quando ci vuol prendere la fede, ci vuol prendere il bene più prezioso e più grande. Il dono viene da lui insidiato proprio perché, quando riempiamo la nostra vita di fede, tutto è superato, tutto è vinto, tutto si traduce in bene. Tutto è grazia, quando c’è la fede.

Cresciamo la fede domandandola al Signore, ripetendo gli atti di fiducia in Lui, abbandonandoci a Lui con tutto l’animo nostro.

E una seconda qualità: il nostro cammino deve essere un cammino deciso. Non si può servire il Signore e poi tradire questo servizio, poi diminuire questo servizio, poi oscillare, una volontà che non riesce a consistere in fortezza, una volontà povera, schiacciata dalle cose quotidiane. Non lo sappiamo forse? Il Signore è con noi! “Ecco, dice ancora il Salmo, io sto alla tua destra; tu non vacillerai”; ed è detto ancora nel Salmo: “Tu mi hai preso per la mano destra e mi hai condotto nella tua gloria” (cfr. Sal *15, 8; 73, 23-24). Si è decisi, si è forti quando si è nel Signore, cioè, quando appoggiamo la nostra fortezza a Lui continuamente e umilmente. Chi è superbo si crea la propria debolezza e il Signore umilia i superbi; li umilia, perché vanno contro la carità, perché vanno contro la verità, perché vanno contro la loro stessa consistenza di bene.

Dobbiamo invocare dal Signore di essere forti e lo sappiamo qual è il Pane dei forti: è l’Eucarestia! Se vogliamo camminare bene, abbiamo il Pane della strada, abbiamo il viatico della strada, abbiamo Gesù stesso, che si è posto nostro cibo e ha detto: “Se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue, non avrete la vita in voi” (*Gv 6, 53).

Terza qualità: il nostro cammino deve essere gioioso. Ha detto san Paolo: “Dio ama chi dà con letizia” (*2 Cor 9, 7). La gioia è un sentimento dell’animo di soddisfazione, di sicurezza. La gioia è pace. La sicurezza che Lui è con noi sprona allora a vivere con letizia, a vivere senza preoccupazioni che distruggono, senza ansietà che demoliscono. Gioia! Ecco, vorrei così per tutti noi: la nostra fede, la nostra fortezza, la nostra gioia, insieme con Gesù. Cantiamo al Signore: è Lui la nostra fortezza, la nostra vittoria, ricordando in fondo le parole della Scrittura: “Qual è la nostra vittoria? È la nostra fede” (*1 Gv 5, 1-4). Cristo è re e a ognuno di noi dà una partecipazione della sua regalità nella misura in cui noi l’accogliamo, una regalità che vince la tentazione dell’umano con la fede, che vince le debolezze di ogni giorno con la grazia dello Spirito Santo, il dono dello Spirito Santo che è la fortezza, che illumina il nostro cuore, perché Lui è risorto e ci fa partecipare al gaudio della sua resurrezione.

Omelia seconda -Battesimo

Il Vangelo parla di una venuta di Gesù: è la venuta finale. Ma noi sappiamo che il Signore viene ogni giorno, ogni giorno è vicino a noi, come è vicino l’amico all’amico. Il Signore è fedele, non lascia le sue creature senza sostegno e senza speranza. Il Signore è buono, di una bontà infinita; quando diciamo “infinita”, il nostro pensiero si perde: l’infinito non è una somma di cose finite, l’infinito è senza dimensioni. La bontà di Dio è meravigliosamente infinita e noi lo sentiamo, ognuno di noi ha esperimentato questa bontà del Signore. Oggi c’è un segno in mezzo a noi, un

battesimo, un fiorire di vita, il Signore che suscita la vita, perché il Signore ama le sue creature e le vuol rendere partecipi della sua fecondità e del suo amore. Quando due genitori amano il loro figlio, quando sono tutto e in tutto per loro, noi sentiamo che partecipano di Dio, partecipano della sua paternità, partecipano del suo amore; sono per noi un indizio, qualche cosa che ci fa capire meglio questa paternità infinita di Dio.

Perciò oggi la nostra riflessione sul Vangelo è questa: sì, il Signore è buono, il Signore è presente alla nostra vita. Questo battesimo ci dà un nuovo segno della sua bontà e della sua paternità. Questo bimbo che diventa figlio di Dio, tempio dello Spirito Santo, è segno di Dio infinito nella bontà, meraviglioso nel dono, eterno nella sua elargizione.

Gioiamo allora e il battesimo sia motivo profondo di gioia; gioiamo e preghiamo, preghiamo perché cresca bene, perché sia a gioia dei suoi, perché possa avere un tracciato di vita veramente santo e cristiano. Abbiamo tanto bisogno di un fiorire di bontà e di onestà nel mondo! Questo bimbo diventi così. Ha un bel nome: Michele è il capo degli angeli. Quando la Bibbia parla di Michele, dice “il grande principe” che sta in mezzo a noi per difenderci.

Ecco, noi auguriamo questo: il suo angelo, che è Michele, lo guidi sempre, gli dia fortezza, lo difenda, lo aiuti e possa il bimbo essere a vera consolazione di tutti, perché con l’aiuto del suo angelo potrà fare tanto e realizzare in tanto bene.

CODICE 80MFO0133WA
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 16/11/1980
OCCASIONE Omelia, XXXIII Domenica settimana Tempo Ordinario - Anno C - Messa ore 8.15 e Messa di Battesimo
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Testimonianza – La paternità di Dio nei genitori
Condividi su
MOVIMENTO FAMILIARIS CONSORTIO
Via Franchetti, 2
42020 Borzano
Reggio Emilia
Tel: + 39 347 3272616
Email: info@familiarisconsortio.org
Website: familiarisconsortio.org
  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
    tra la vita delle persone, condividendo tutto. 
    In fondo, forse, è il segreto più prezioso che ci ha svelato.”
    Umberto Roversi

© 2022 Movimento Familiaris Consortio | Via Franchetti, 2 42020 Borzano (RE) | info@familiarisconsortio.org |Privacy Policy | COOKIE POLICY | SITEMAPCREDITS