15/02/1975 - Sabato dopo le Ceneri

Sant’Ilario d’Enza, 15/02/1975
Omelia, Sabato dopo le Ceneri

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Is 58,9-14; Lc 5, 27-32

La nostra quaresima nasce dunque dalla quaresima di Gesù; una quaresima dove, dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, gli si presentò la tentazione. Il Signore ha permesso che il diavolo lo tentasse perché noi non ci sgomentassimo, non ci meravigliassimo delle nostre prove e delle nostre tentazioni. Ha voluto essere tentato perché imparassimo da Lui come si fa a vincere la tentazione. E vogliamo stasera fermarci su questa riflessione: come si fa a vincere la tentazione, le nostre tentazioni. Prima di tutto bisogna vedere quali sono le tentazioni della nostra vita. Perché, avete sentito, il diavolo si avvicinò a Gesù adoperando delle parole della Sacra scrittura. Non si presentò come un angelo del male. Si presentò come un angelo del bene. Sembrava invitare Gesù a delle opere sante e salvifiche, ed erano semplicemente dei tranelli. Alle volte sta proprio qui la nostra prima caduta: nel non riconoscere quella che è la tentazione soprattutto quando si presenta in una forma elegante, in una forma apparentemente corretta. Sappiamo, la tentazione è tutto ciò che tende a non fare la volontà di Dio, a non essere nella linea che Dio vuole da noi. Scopriamo qual è la tentazione quando la tentazione è nella disobbedienza. Quando disobbediamo a Dio, Padre nostro, quando preferiamo la nostra volontà alla sua, quando ancora disobbediamo a coloro che Dio ci ha dato come guide, quando uno si sostituisce alle proprie guide, e abbiamo le guide nella Chiesa, abbiamo i nostri superiori, abbiamo l’indicazione del nostro confessore, quando noi facciamo la nostra volontà e la preferiamo a quella del Signore, ecco, noi siamo caduti in tentazione. La seconda cosa: di fronte alla tentazione non bisogna stare a discutere. La tentazione va vinta subito. Bisogna respingerla, non scendere a patti. Se uno scende a patti, cioè manca di risolutezza, apre già un varco alla penetrazione del male. Decisione, allora. Fortezza. Un’immediatezza che denuncia il nostro amore al Signore che è pro di questo stesso amore. Terzo: noi dobbiamo fidarci della grazia di Dio, ma diffidare delle nostre forze, perché siamo fino in fondo deboli. Il male ha la sua attrattiva. Ecco perché dobbiamo fuggire le occasioni del male. Chi è temerario presto o tardi sdrucciola, cade. Dobbiamo essere prudenti e perciò affidarci alle forze di Dio: insistere nella preghiera, invocare l’aiuto persuasi che Dio agli umili dà la sua grazia, respinge invece i superbi. E ancora: noi dobbiamo superare le nostre tentazioni sapendo che Dio è infinitamente buono. E che non permette che noi siamo tentati oltre alle nostre forze. Ci sono le prove della vita, ci sono i dispiaceri, ci sono delle situazioni caotiche: allora ci verrebbe in bocca l’espressione: “Dio mio! Dio mio! Perché mi hai abbandonato?”. No. Il Signore non abbandona. Il Signore è presente alla nostra vita. Il Signore ci ama. Il Signore invisibilmente ci sorregge. E infine dobbiamo ben essere persuasi che le nostre tentazioni che il Signore permette entrano in un piano provvidenziale. Dio permette che siamo provati per accrescere i nostri meriti, per accrescere l’amore di Lui in noi, perché noi possiamo ancora essere sostegno degli altri. Tornano le parole dell’Apostolo: “Sarete provati come l’oro e l’argento sono provati nel fuoco, ma arriverete nella pace”. Aspettiamoci le tentazioni, ma sappiamo che superando, e solo superando le tentazioni, noi potremo dare alla nostra vita quello che il Signore vuole, perché questa vita essenzialmente è una prova e le tentazioni non sono che facce, che aspetti, di quest’unica prova. Siamo dunque fedeli a Dio e saremo ben contenti.

CODICE 75BEQ0134YN
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 15/02/1975
OCCASIONE Omelia, Sabato dopo le Ceneri
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
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