Mic 7,14-15. 18-20; Lc 15,1-3. 11-32
Molti sarebbero i motivi di riflessione. Ci fermiamo solo su un aspetto: la sete di Dio. Secondo quanto dice il Salmo: “Come la cerva desidera la fontana delle acque, così l’anima mia desidera te, o mio Dio”. Ci deve essere una sete nell’uomo e questa sete solo Dio la può saziare. Diceva sant’Agostino: “Io ho chiesto a tutte le cose la felicità. Ma tutti gli esseri mi hanno risposto: Va' più in alto, più in alto. Ho chiesto all’oceano: più in alto. L’ho chiesto alle stelle: più in alto”. Solo Dio può saziare l’anima nostra. Dio che è infinito, che è l’infinita verità e l’infinito amore. Chi si illude che le cose di questo mondo possano rendere contenti, non ha dopo che maggiore amarezza e maggiore sconforto. L’uomo è un essere finito, ma tende, ha bisogno dell’infinito. Questa nostra sete di Dio noi l’estingueremo solo quando lo vedremo a faccia a faccia. Però anche su questa terra noi possiamo avere una profonda comunicazione con Lui. Vorrei che sottolineassimo quella comunicazione che comunemente diciamo preghiera. Preghiera – esperienza. Preghiera – colloquio. Quando un’anima ha scoperto la gioia della preghiera, ha scoperto quanto sazi l’anima la comunicazione di Dio che si ha nella preghiera, quest’anima veramente ha scoperto la gioia più grande che ci può essere quaggiù. Vi sono purtroppo quelli che non hanno sete. Perché si sono rovinati con altre bevande. E dirà il profeta: “Hanno abbandonato me”, metteva in bocca al Signore le parole, “fonte di acqua viva e sono andati a bere l’acqua inquinata delle cisterne”, delle cisterne in cui si sono moltiplicati tutti i germi della contaminazione. C’è chi non ha sete perché si è rovinato. Poi, quando avviene la conversione, ecco, comincia la sete. C’è chi nella preghiera è ancora debole e la sua preghiera è discontinua, fatta con poco impegno, con poco amore. Bisogna andare avanti e allora l’anima incomincia a gustare la preghiera, non la lascia più. Si impegna seriamente, soprattutto comincia a impegnarsi nelle preghiere che prendono di più, le preghiere suscitate dalla parola di Dio, quelle preghiere che noi chiamiamo meditazione. Poi l’anima va ancora più avanti e la sua preghiera diventa ricca, diventa profonda, diventa meravigliosamente bella. Che è una comunicazione di amore tra Dio e l’anima, c’è quella che la scrittura chiama l’alleanza, cioè un’amicizia, cioè un riversare tutto in Dio, e soprattutto un ricevere. C’è questo scambio tra Dio e l’anima. Uno scambio veramente profondo, veramente ricco: coinvolge tutto. Ecco, ci dobbiamo chiedere a che punto è la nostra preghiera e se l’abbiamo migliorata in questa quaresima, se ci proponiamo di migliorarla. E la strada l’abbiamo indicata. Liberarsi dal peccato, vedere il valore della preghiera, applicarsi con costanza, buttare via le distrazioni, non cercare se stessi nella preghiera, cercare Dio e la sua volontà. Oh, quando è bello allora questo intimo momento di comunicazione! Desideriamo una preghiera forte. Desideriamo una preghiera sostanziosa. Desideriamo una preghiera fatta molto bene, che non sia solo un chiedere, ma che sia vera relazione di amicizia e di amore. Poniamoci così davanti al Signore perché anche per noi siano proprio vere le parole di Gesù: “Chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà mai più sete”.
CODICE | 75C0Q01342N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 01/03/1975 |
OCCASIONE | Omelia, Sabato II Settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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