26/12/1984 - Santo Stefano

Sant'Ilario d'Enza, 26/12/1984
Omelia, Festa Santo Stefano, primo martire

At 6, 8-10; 7, 54-60; Mt 10, 17-22.

Dalla gioia del Presepio siamo portati alla considerazione del martirio di Stefano e l’esempio di Stefano, meraviglioso, deve stamparsi nelle nostre anime, preparate così dalla grazia del Natale. Stefano, esempio meraviglioso di amore e di fedeltà, è morto di amore. Ha offerto la sua vita perché ha amato Cristo, ha offerto la sua vita perché ha amato il prossimo. Stefano ha saputo realizzare in una perfezione mirabile il comando fondamentale della legge: “Amerai”, “Amerai il Signore Dio tuo e il tuo prossimo” (cfr Mt 22, 37).

Si è offerto, si è consacrato, non ha avuto paura. Perché è proprio qui: non ha avuto paura, non ha avuto paura di immolare la vita, non ha avuto paura della morte. È stato portato dagli Angeli in paradiso. Troppo spesso anche chi ha visto gli esempi di Gesù, anche chi ha detto di ammirarli, manca di fede quando si incupisce di fronte alle difficoltà della vita e giudica le cose con un metro umano. Passa il tempo, passa la sofferenza, passa il lavoro. Resta invece per sempre ciò che abbiamo saputo offrire al Signore, resta il nostro amore e la nostra testimonianza.

Ecco perché il primo discorso che dobbiamo fare è il discorso della fede, una fede grande, una fede matura si richiede da noi, una fede che sappia misurarsi con le difficoltà di ogni giorno e le sappia meravigliosamente superare, una fede che sia proprio un’adesione incondizionata alla parola di Gesù, una fede che sia proprio un’ala che porta al di sopra delle nebbie di questa terra.

Dobbiamo chiedere fede, molta fede. Dobbiamo chiedere, per intercessione di Santo Stefano, una fede che coinvolga tutto il nostro essere e tutto il nostro operare, una fede che sia vera, completa testimonianza di quello che veramente deve essere il nostro segno, la nostra caratteristica, cioè la nostra sequela di Gesù.

Stefano non ha avuto paura di seguire Gesù e lo ha potuto seguire fino in fondo. Non ha avuto paura e, mentre lo lapidavano, sotto il piovere dei sassi aveva un solo pensiero: il pensiero di chiedere perdono per i suoi uccisori: “O Signore Gesù, non imputare loro a peccato”. E trionfò meravigliosamente, completamente trionfò.

La nostra fede genera la nostra fortezza, la genera proprio se siamo consci, se siamo umili, se ci lasciamo portare così dallo Spirito di Dio. Con grande ardore allora celebriamo questa festa e, chiedendo la fede, chiedendo la fortezza, chiedendo l’umiltà, realizzeremo meglio il nostro Cristianesimo, perché il nostro Cristianesimo allora non sarà un prodotto nostro, ma un’opera della misericordia e della potenza di Dio. Il nostro Cristianesimo, per essere autentico, deve essere dono suo, meraviglioso e grande, un dono suo che chiediamo, che vogliamo, che cercheremo di applicare.

CODICE 84NRO01320N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 26/12/1984
OCCASIONE Omelia, Festa Santo Stefano, primo martire
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI L’esempio di Stefano
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