01/03/1987 - Vespro VIII Domenica Ord

Eb 12, 22-24 Abbiamo ascoltato: “Il suo sangue è più eloquente di quello di Abele”, di Abele il primo giusto, che è stato gradito a Dio, che è stato il preannuncio di Gesù. È proprio così. E Gesù ha avuto lo splendore di un dono continuo. Nemmeno un istante è stato senza essere dono al Padre, perché, quando è venuto, è venuto come dono, è venuto come annuncio, è venuto come in uno splendore di grazia. Noi dobbiamo prendere Gesù per modello del nostro darci a Dio, perché la nostra spiritualità deve partire e progredire in questo grande concetto: noi dobbiamo essere dono a Dio, come lo è stato Gesù. Gesù fin dal primo istante della sua vita ha detto: “Io vengo a fare la tua volontà” (cfr. Eb 10, 7; Eb 10, 9). Poco dopo che era nato è stato presentato al tempio ed è stato presentato come l’offerta gradita e così preziosa che tutto il Paradiso lo ha acclamato. La presentazione di Gesù nel Tempio del Padre suo ha preannunciato la sua presentazione al Calvario. Al Calvario si è offerto come vittima e davanti a tutto il Paradiso ha testimoniato questo magnifico amore. Come ha amato il Padre! Gesù lo ha amato in modo talmente grande, che non possiamo descriverlo. E si è presentato a noi perché anche noi amassimo il Padre, perché anche noi ci presentassimo a Lui, perché anche noi fossimo offerta totale. Dobbiamo essere dono a Dio, dono generoso, dono continuato, dono gioioso. Presentarci a Dio, amarlo donandogli tutto noi stessi. Ecco, il grande esempio che ci dà Gesù, la sua virtù perfetta. Noi siamo chiamati a imitarlo e a vivere così nella volontà di Dio, nella offerta continua di noi stessi a Lui, come il dono che Lui veramente gradisce.