04/11/1973 - Omelia XXXI Domenica Ord ore 6.30 e ore 8.30

Sant'Ilario d'Enza, 04/11/1973
Omelia, XXXI Domenica Tempo Ordinario - Anno B - Messa ore 6.30 e 8.30

Ascolta l'audio

Dt 6, 2-6; Eb 7, 23-28; Mc 12, 28-34

MESSA ORE 6, 30

Domenica scorsa ci interrogavamo sulla nostra fede, questa domenica ci interroghiamo sul nostro vero amore a Dio, perché è il punto centrale e noi saremo giudicati da quanto abbiamo amato. È la nostra facoltà più grande amare. Quando questa facoltà si rivolge a Dio e in Dio si ama e con Dio si ama tutto ciò che ama Dio, si raggiunge veramente la perfezione. Ed è necessario che noi guardiamo se con verità c’è questo amore autentico a Dio, se c’è questo vero amore al prossimo, perché molti dicono di amare, ma il loro amore è solo di parole, è solo di atteggiamenti formalistici, non è il vero, non è quello che salva, non è quello che dà pienezza alla vita.

Amare vuol dire volere il bene di una persona. Noi amiamo Dio quando vogliamo il suo bene, che diciamo con un altro termine, noi vogliamo la sua gloria, perché noi non possiamo aggiungere del bene a Dio, in quanto Dio è infinitamente perfetto e sufficiente, in quanto Dio è infinitamente bastevole a se stesso. Noi creature non possiamo aggiungere nulla, possiamo però collaborare alla sua gloria esteriore, possiamo però volere che Dio sia ubbidito, sia amato, volere che Dio da tutti sia onorato. Amiamo dunque Dio quando osserviamo i suoi comandamenti e quando c’impegniamo perché anche gli altri li osservino, cioè quando noi siamo tesi a realizzare quello che Gesù stesso ha sottolineato: “La vostra preghiera, sia così: Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà” (Mt 6, 9-10).

E poi amiamo il prossimo, quando prima di tutto lo amiamo perché Dio lo ama, cioè quando il nostro amore è soprannaturale, perché un amore di sentimento, un amore di convenienza, un amore solo sul piano dell’umanità non è l’amore di cui parla il Signore: un amore soprannaturale, un amore sincero, col cuore, un amore fedele, che resti, un amore concreto, che vada alle opere di cui ha bisogno il nostro prossimo. Il cristiano ama con la preghiera, pregando per tutti, il cristiano ama con la Messa partecipando vivamente al sacrificio per il bene di tutti, il cristiano ama donando il suo tempo, le sue energie e la sua roba per gli altri, nella misura in cui gli è possibile.

Noi ci dobbiamo interrogare dunque se c’è questa vera carità in noi, perché altrimenti la nostra vita sarebbe vuota, ricordiamo ciò che leggevamo l’altro giorno nella festa dei Santi, sarebbe condannabile: “Andate via lontano da me, maledetti, perché avevo fame e non mi avete dato da mangiare” (cfr. Mt 25, 41-42). Resta allora la nostra preoccupazione di amare Dio in umiltà, osservando la sua legge, e di amare il prossimo con sincerità, adoperandoci per lui.

MESSA ORE 8, 30

Siamo chiamati con forza, con insistenza in questa Liturgia ad esaminarci, se corrispondiamo al grande disegno di Dio. Dio ha creato tutto per amore, Dio ha mandato il suo Figlio nell’amore, tutto nella storia della salvezza è originato e parla di amore! A noi corrispondere, perché eleviamo la nostra vita, perché realizziamo la volontà di Dio, perché collaboriamo al regno universale se noi siamo in questa carità, in questa pienezza di carità. Nella prima Lettura abbiamo visto come, pur nella severità della legge mosaica, era già sottolineato come tutto si doveva ridurre all’amore. Il brano, che abbiamo letto, era la costante preghiera degli israeliti: ogni pio israelita la recitava al mattino e la recitava alla sera di ogni giorno.

Nella seconda Lettura ci viene data una grande risposta: il cristiano non può essere solo un pio israelita, ha un modello davanti, ha Cristo. Cristo è il modello di come si ama Dio e di come si ama il prossimo. Cristo ci è presentato dalla lettera agli Ebrei come il sommo sacerdote, che si offre per la salvezza dell’universo; è lui che ha dato tanta pienezza di amore al suo sacrificio, che ha realizzato un sacrificio perenne di un valore meravigliosamente grande. È così che allora Gesù ha sottolineato con lo scriba: “Tu non sei lontano dal regno di Dio” (Mc 12, 34). Aveva capito tutto della legge antica, gli restava di andare a scuola da Gesù, da apprendere quella che è la pienezza dell’amore. Ma stiamo bene attenti di non riempirci solo la bocca! Stiamo ben attenti di non cadere nell’ipocrisia! L’amore non è fatto di parole, l’amore non è fatto di sentimenti, l’amore è fatto di opere e l’opera, cui siamo chiamati, è proprio questa: ubbidire al Padre, fare la volontà del Padre, essere a disposizione della sua volontà a somiglianza di Gesù. E allora le opere saranno accompagnate da sentimenti, si esprimeranno attraverso parole e atteggiamenti, ma tutta la vita dell’uomo sarà un inno alla carità di Dio, perché la domanda, ed è una domanda molto insistente, è questa: e come riuscirò ad amare Dio? Se è un’opera così grande, se è un’opera così bella, se è un’opera dalla quale dipende tutta la vita, come lo amerò il mio Dio? E la risposta ci è venuta dalla preghiera Colletta di questa Messa, l’avete sentita: “Amarti degnamente, o Signore, è un tuo dono”. Che cosa viene dunque significato? Esattamente questo: il cristiano può amare bene Dio, se resta a disposizione dello Spirito Santo. La vera legge del cristiano è lo Spirito Santo: “È Lui”, soggiunge l’apostolo san Paolo, “che è nei nostri cuori e ci insegna l’atteggiamento di figli e c’insegna il nostro comportamento”. Il cristiano dunque mette tutta la sua buona volontà, però sa che, per essere gradito al Padre, ha bisogno di una grande docilità allo Spirito Santo, quello Spirito Santo “che è stato diffuso nei nostri cuori” (Rm 5, 5), che è stato dato come immenso dono nel Battesimo e nella Cresima. È lo Spirito Santo che passo per passo, momento per momento, preghiera per preghiera, occasione per occasione, relazione per relazione col prossimo, c’insegna qual è l’atteggiamento più conveniente per un figlio di Dio. Resta allora che la comunicazione con lo Spirito Santo, che è in noi, è un elemento basilare della vita cristiana. Noi non siamo mai soli, abbiamo sempre lo Spirito di Dio in noi. E’ allora l’attenzione, è allora l’invocazione, l’invocazione contro la nostra debolezza e la nostra fragilità, è la riflessione sulla Parola di Dio, è la nostra meditazione, è il nostro ricorso continuo alla preghiera: sono questi gli elementi della nostra perseveranza nel bene, perché lo sappiamo che, pur desiderando di amare Dio, pur conoscendo i suoi comandamenti, potremmo ogni momento trasgredirli, perché siamo inspiegabilmente deboli. Abbiamo bisogno allora dello Spirito Santo, che ci unisca a Gesù e qui ricordiamo l’opera dello Spirito Santo nella Messa. Noi lo invochiamo questo Spirito, perché faccia di noi un solo corpo, noi lo invochiamo questo Spirito, perché ci renda adatti a fare un’unica cosa con Gesù. Gesù nella Messa adempie la sua opera di sacerdote: si offre vittima al Padre, domanda per noi e ci unisce a lui. Ecco, preghiamo lo Spirito Santo particolarmente nella Messa, perché ci dia i sentimenti di Gesù, perché ci dia la forza di fare quanto si richiede, per essere splendidamente in quell’ordine, che ha voluto il Padre, che ogni cristiano diventi come un altro Gesù.

CODICE 73M3O0133UN
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 04/11/1973
OCCASIONE Omelia, XXXI Domenica Tempo Ordinario - Anno B - Messa ore 6.30 e 8.30
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Corrispondere all’amore
ARGOMENTI Corrispondere all’amore
Condividi su
MOVIMENTO FAMILIARIS CONSORTIO
Via Franchetti, 2
42020 Borzano
Reggio Emilia
Tel: + 39 347 3272616
Email: info@familiarisconsortio.org
Website: familiarisconsortio.org
  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
    tra la vita delle persone, condividendo tutto. 
    In fondo, forse, è il segreto più prezioso che ci ha svelato.”
    Umberto Roversi

© 2022 Movimento Familiaris Consortio | Via Franchetti, 2 42020 Borzano (RE) | info@familiarisconsortio.org |Privacy Policy | COOKIE POLICY | SITEMAPCREDITS