Dicevamo domenica che il fondamento della moralità dobbiamo trovarlo in Dio. Ricordiamo stasera che in Dio la volontà non è prima dell’intelligenza, cioè Dio non comanda una cosa per comandarla, ma comanda ciò che nella sua infinita sapienza sa che è giusto. E che cos’è ciò che gli sembra giusto? Quello che è conforme alla sua infinita perfezione, quello che porta alla sua grande gloria e quello che porta alla nostra felicità perché Iddio, nello stabilire il suo piano di salvezza, il suo piano di amore per gli uomini, ha voluto che la sua gloria coincidesse con la nostra felicità. E non sono due termini in opposizione, non sono due termini nemmeno divisi. Ciò che porta alla gloria di Dio porta alla nostra vera, autentica gioia. Sicché io so che tutto quello che io faccio per il Signore, lo faccio anche per me. L’anima che è salita al vero amore di Dio, non si propone un fine egoistico, sa però che tutto quello che è per il Signore, il Signore lo distribuisce alle anime che lo amano. In fondo, più uno si sacrifica per il Signore, più sa che il suo sacrificio è domani anche la propria felicità, la sorgente della propria felicità. Dobbiamo essere dunque ben persuasi che il Signore ha dato il suo piano per amore a noi, ha disposto le sue leggi, non come delle imposizioni che ci vengono dal di fuori e che piegano e limitano la nostra libertà, ma che le sue leggi sono la vera linea del nostro perfezionamento perché felicità vuol dire perfezione. Più noi obbediamo il Signore, più noi viviamo nell’ordine della sua carità, più la nostra perfezione umana e soprannaturale si attua. E noi lo sappiamo che non possiamo sviluppare meglio la nostra intelligenza che aderendo alla fede, per cui la fede non è una mortificazione della nostra intelligenza, ma un’elevazione; che noi non possiamo sviluppare meglio la nostra volontà e il nostro amore che mettendolo nell’ordine di Dio. Più noi diciamo di sì a Dio, più cresce la nostra statura, più si afferma la nostra proporzione spirituale. E non solo la nostra, ma di tutta la collettività, perché è proprio nella perfezione dei singoli che armonicamente si attua quella di tutti gli altri, perché il Signore ci ha fatto ben solidali e il bene di uno diventa il bene di tutti e il male di uno diventa il male di tutti. Sicché, se cresciamo nel bene, si attua la nostra perfezione e la nostra felicità. Si attua la perfezione e la felicità degli altri in quanto sono uniti a Dio. Aderiamo dunque al piano di amore di Dio, persuasi che il Signore non ci vuol togliere niente di quello che contribuisce al nostro bene, che il Signore è prodigiosamente generoso: dà tutto e in fondo da noi non riceve nulla. Aderiamo al suo piano non semplicemente con rassegnazione, ma con forza, con vivacità, con entusiasmo. Aderiamo al suo piano sapendo che più attuiamo la nostra perfezione morale, più ne viene la nostra perfezione anche nell’ordine stesso di ciò che noi siamo, nell’ordine stesso di ciò che noi possiamo fare. Ed è così che noi, camminando senza voltarci indietro, senza rimpiangere quello che diamo a Dio, troveremo veramente la nostra completezza qui, e soprattutto nell’altra vita, ma anche qui: lo dobbiamo sottolineare. Dio ci sta vicino perché nessuno resti deluso. Pensiamo ai santi. Aderendo in pieno al piano di Dio non sono diventati grandi anche come uomini? Non hanno attuato anche la loro perfezione umana? Non hanno anche esploso in una maniera mirabile nel Corpo Mistico? Il Signore si aspetta da noi la santità come un dono che noi facciamo a noi stessi e che facciamo agli altri. Sia dunque il nostro impegno, vero, autentico, continuo.
CODICE | 71MTV01310N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 28/11/1971 |
OCCASIONE | Omelia vespro I domenica d’Avvento, anno A |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Moralità, libertà, felicità |
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