17/05/1981 - Vespro V Domenica Pasqua

Eb 10, 12-14 Il sacrificio di Gesù è un sacrificio di infinito valore. Abbiamo sentito l’apostolo che sottolinea come con un’unica offerta ha salvato tutti. La sua redenzione è stata sovrabbondante, così come lui aveva detto: sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in sovrabbondanza (Gv 10, 10). Dobbiamo però sottolineare la nostra parte. La redenzione del Signore in sé è meravigliosamente grande. Spetta a noi farla nostra. Noi dobbiamo essere i suoi collaboratori. Noi dobbiamo essere in una vera e completa corrispondenza. Dobbiamo sentire che c’è una parte nostra. Un parte vera. Una parte concreta. Una parte che indubbiamente ci costa. Corrispondere alla grazia di Dio non è una posizione verbale. Non è accodarsi a un carro trionfale. Non è una via spedita e facile. Da parte nostra si richiede questa corrispondenza e costituisce la nostra vera religione. Cioè per definizione è religioso chi onora Dio e dà a Dio ciò che a lui spetta. La religione non è farsi servire da Dio. Non è avere da Dio dei sentimenti dolci e dei privilegi. La vera religione sta nel seguire Gesù che ha dato tutto al Padre, che ha fatto la volontà del Padre fino in fondo. La parte nostra è proprio in questo senso. Dobbiamo dare al Padre ciò che lui chiede. E come tanto ha chiesto a Cristo a noi chiede in proporzione secondo la sua chiamata e secondo quella che è la nostra generosità. Bisogna che sappiamo dare e dare con fede e dare con gioia, e dare con umiltà, e dare senza guardarsi indietro. Perché chi mette mano all’aratro e si volta indietro non è degno del regno di Dio (Lc 9, 62). Generosità allora piena, oblazione vera in unione a quell’unica oblazione che ci ha reso perfetti, ci ha resi cioè adatti a partecipare al meraviglioso regno di Dio.