Gn 2, 7-9, 3, 1-7; Rm 5, 12-19; Mt 4, 1-11
“Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato” (Mt 4, 1).
L’evangelista San Luca adopera un altro verbo: “fu spinto dallo Spirito nel deserto” (Lc 4, 1). Non senza dunque un disegno dall’alto Gesù si espone alla tentazione: era necessario che fosse il nostro modello in una cosa così drammatica e così grave della nostra vita. La nostra vita è una tentazione e non c’è un periodo della vita senza tentazione, più o meno palese, più o meno sfacciata, più o meno subdola, ma la vita è tentazione, cioè è prova, perché ci ha detto S. Paolo nella seconda Lettura: “Il peccato è entrato nel mondo” (Rm 5, 12). La vita è una prova. Il Signore ci ha posti quaggiù come pellegrini, pellegrini che camminano verso una patria celeste di gaudio e di pace, ma pellegrini, cioè in travaglio, cioè in sforzo, cioè in tribolazione. La vita è prova. Lo sappiamo come non vorremmo che fosse prova! Come vorremmo una vita placida, tranquilla, senza scosse, il passaggio delle acque chete di un fiume.
Invece la vita deve diventare amore, perché il Paradiso é il trionfo dell’amore e, per diventare amore, deve mostrare amore, deve essere conquista di amore. Ecco perché la prova, ecco perché dopo che il peccato è entrato nel mondo abbiamo questa dissociazione in noi, questo contrasto tra ciò che vorremmo e ciò che facciamo, tra i nostri desideri di cielo e le nostre istintività di terra. San Paolo ha tutta una letteratura su questo: “l’uomo vecchio e l’uomo nuovo”(Ef 20-24), “il fermento vecchio e il fermento nuovo” (1 Cor 5, 7). Dice l’apostolo che noi dobbiamo diventare nuovi, come i pani appena usciti dal forno, pani senza fermento di malizia. Allora comprendiamo come il grande, come il bello non sia la rinuncia alla lotta, come non sia la vita placida, ma come sia giusto che noi triboliamo, ci affatichiamo, come sia giusto che ognuno di noi dimostri che veramente ama il Signore e che per Lui è pronto anche a soffrire, che è pronto a quello che è chiamato il combattimento quotidiano: un combattimento, un superare se stessi, un rinnegare il proprio egoismo, il non misurare il proprio dare.
E questa Quaresima ci è data proprio come una grande meditazione, la meditazione di questo senso della vita, una meditazione che diventa perciò purificazione per quello che non abbiamo fatto, entusiasmo e ansia per ciò che ci resta da fare. La vita è grande se noi lo vogliamo, se noi accettiamo la lotta, perché è evidente l’insegnamento. Lui fu tentato dal diavolo e,se il diavolo ha tentato il nostro Capo, come non tenterà noi sue membra, noi che siamo così esposti, che siamo così inclinati? L’atteggiamento allora che ci dobbiamo proporre è quello di una accettazione serena e chiara della lotta. Dobbiamo lottare, non esporci alla lotta, non essere imprudenti, non giocherellare con le occasioni di male, non avere la presunzione di essere così non vulnerabili. Accettare questa prova vuol dire essere prudenti, come si deve essere sempre in un combattimento, e sentire che la nostra forza è Lui, è Gesù, perché è sempre Gesù che vince nei suoi membri, è sempre Lui che ci dà momento per momento la grazia del suo invincibile Spirito. Il nostro proposito quaresimale sarà allora stare più attenti, per conoscere le nostre tentazioni, essere più decisi e non venire a patti, confidare continuamente nella grazia dello Spirito Santo.
CODICE | 81C7Q01340N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 08/03/1981 |
OCCASIONE | Omelia, I Domenica Tempo di Quaresima - Anno A |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | La vita: tentazione e prova – Il combattimento spirituale – La prudenza – La grazia |
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