13/03/1977 - Omelia III Domenica Quar

Sant'Ilario d'Enza, 13/03/1977
Omelia, III Domenica Tempo Quaresima - Anno C

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Es 3, 1-8; 1Cor 10, 1-6.10-12; Lc 13, 1-9

Poco prima di queste parole, Gesù aveva detto: “Ipocriti, voi conoscete gli aspetti del cielo e della terra e non conoscete i segni dei tempi?” (Lc 12, 56). Ecco, e poi spiega e spiega esemplificando. Che cosa ci vuol dire il Signore, se non che un’anima deve saper vedere la presenza di Dio nei fatti, negli avvenimenti di tutti i giorni, così come lo deve saper vedere nelle grandi tracce della storia? Dio non è assente alla storia degli uomini, Dio è profondamente presente, profondamente, cioè non passa nulla senza di lui, anche quegli eventi, che sembrano venire a caso, sono ben sorvegliati da lui.

E perciò è sincerità di fede saper leggere le cose, saperle leggere.

Nella prima Lettura abbiamo visto: la storia del popolo Ebreo sembrava la comune storia di un popolo oppresso e le grida di dolore e di sofferenza, che lanciavano gli Israeliti, sembravano inascoltate. In realtà il Signore misurava tutto, misurava tutto e, giunto il momento opportuno, “Va’”, dice a Mosè. E alla richiesta del suo nome sottolinea la sua perfezione essenziale, di Colui che è l’Essere per eccellenza, l’Essere l’unico: “Io sono Colui che sono” (Es 3, 14). Nella seconda Lettura abbiamo un’osservazione molto forte di san Paolo, facendo osservare come gli Ebrei nel deserto erano una continua sollecitudine di Dio e la sua provvidenza si riversava su di loro con innumerevoli miracoli. Ma è forse bastato questo per la loro salvezza? Non in molti di loro si compiacque Dio, perciò furono abbattuti nel deserto.

Ecco, vorrei che raccogliessimo i motivi della nostra riflessione, perché non basta convertirsi in termini vaghi e confusi, la nostra conversione a Dio dev’essere posta in termini decisi e concreti. Non basta essere nel popolo della salvezza per salvarsi, non basta ricevere i Sacramenti, dipende tutto dal modo: come sentiamo e viviamo la nostra appartenenza al popolo di Dio, come riceviamo la sua Parola e i Sacramenti che portano la grazia, come li riceviamo. Perché altrimenti, altrimenti noi periremo alla stessa maniera, siamo come la pianta infruttuosa. Dio è paziente, meravigliosamente paziente, ma in fondo, se la pianta non produce frutto, è tagliata. Dio dà sempre delle dilazioni, meravigliose, perché non ce le meritiamo per niente, ma Dio non si può prendere in giro, Dio non può essere ingannato! Se facciamo una vita cristiana mediocre e stanca, se abbiamo una sorte di ipocrisia nella nostra vita, se non ci decidiamo ad essere veramente compresi della realtà della nostra esistenza unita a quella di Gesù, per celebrare con lui la sua morte e la sua resurrezione, tutto diventa inutile.

Ed è evidente allora che il mezzo più efficace è proprio questo senso della presenza di Dio: leggere Dio in tutti gli avvenimenti grandi e piccoli della giornata. Allora riceviamo sempre il suo messaggio, allora non siamo secondo l’espressione di Gesù “dei ciechi che guidano gli altri ciechi” (cfr. Lc 6, 39). In tutto lo dobbiamo leggere, in tutto lo dobbiamo adorare(…).

CODICE 77CCO01342N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 13/03/1977
OCCASIONE Omelia, III Domenica Tempo Quaresima - Anno C
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Sincerità
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