Ez 18,21-28; Mt 5,20-26
Gesù ha istituito l’Eucarestia in un banchetto sacro, in una amicizia sacra e ha voluto che si perpetuasse nel mondo in una assemblea sacra, dove attorno a Lui i fratelli si riconcilino con i loro fratelli, i fratelli sentano la gioia di essere con i fratelli e di aiutarsi a vicenda. Attorno all’Eucarestia fiorisce la fraternità vera, l’unione vera dei cuori, le menti si saldano nell’unica fede e si procede nell’unico ideale. L’Eucarestia è l’unione della Chiesa, è la base dell’amore che c’è nella Chiesa. Tutte le volte che si va contro la carità dei fratelli si va evidentemente contro l’Eucarestia. E il Signore ha posto con chiarezza le condizioni per poter comunicare con Lui: “Se tu presenti l’offerta davanti all’altare”. Molto più quando non solo presenti un’offerta, ma vieni ad essere in comunione con quel Cuore che ha amato tutti gli uomini e che, perseguitato a morte, flagellato, torturato, inchiodato in croce, è uscito in un’unica parola: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. È proprio il suo esempio magnifico che parla eloquentemente dall’altare. Noi dobbiamo avere una straordinaria carità. La dobbiamo avere con tutti gli uomini, ma, come osserva san Paolo, particolarmente verso coloro che ci sono vicini nella fede. Noi dobbiamo avere una grande carità, che non rispetti solo le grandi linee, ma sia fatta di un tessuto di bontà, di gentilezza, di generosità, di amabilità, di doni continui agli altri, doni che facciamo ancora a noi stessi, perché è nel vincere il nostro egoismo, il nostro orgoglio che noi ci costruiamo. Le nostre mancanze di carità e di bontà vengono proprio dal nostro orgoglio che vuole sempre avere il primo posto, che vuol sempre avere ragione, che vuol sempre dire l’ultima parola. Viene dallo strapotere del nostro egoismo, che vuol sempre avere la parte migliore, che vuol ricevere e non dare, che vede le cose solo in funzione di sé. Dobbiamo evidentemente fare un grande esame di coscienza. Dicevamo ieri sera quali sono le disposizioni per la comunione, ecco qui: non possiamo andare alla comunione se non abbiamo usato la bontà verso gli altri, se non ci proponiamo di usarla in pieno. La nostra carità deve essere una carità intelligente, deve vedere quello che spetta agli altri. E spetta agli altri tanto, se vogliamo essere evangelici: “Se uno ti chiede il mantello, cedigli anche la tunica. Se uno ti angaria per andare con lui un miglio, vanne con lui altri due”. Una carità intelligente, da prevenire i bisogni del prossimo e da vederli sempre in primo piano. Deve essere una carità generosa, che non si ferma ai sacrifici necessari perché, se siamo buoni e gentili quando non facciamo fatica, vale poco. È quando la carità ci costa sacrificio che allora è preziosa davanti agli occhi di Dio. Poi deve essere una carità generosa, di una generosità continua, che non si ferma a una giornata o a una settimana, ma continua sempre, perciò diventa una carità fedele. Deve essere, infine, una carità universale, una carità che volentieri si volge a tutti, e, come ci ha insegnato Gesù, a quelli che umanamente ci sono meno accetti, ci sono meno simpatici, perché la carità che dobbiamo usare la dobbiamo attingere dal cuore di Gesù. Se tutti noi siamo amati da Gesù, come non ci dobbiamo amare gli uni e gli altri del suo stesso amore? Proponiamoci quindi una carità di silenzio sui difetti degli altri, una carità di vera comprensione, una carità di vera intuizione, una carità che così manifesti quanto ci ha dato il Signore, che manifesti come noi siamo i suoi, i suoi discepoli.
CODICE | 77C3Q01340N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 04/03/1977 |
OCCASIONE | Omelia, Venerdì I Settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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