275. La virtù della speranza e la salvezza del cristiano
Rm 5,1-11.
Rm 8,17 sq.
Secondo quanto dice san Pietro: “Siate sempre pronti a rendere ragione della speranza che è dentro di voi”1, dobbiamo cercare di prendere sempre più coscienza della realtà grande in cui noi speriamo, quella che chiamiamo vita eterna; non dico la vita futura o la vita dell’al di là, ma questa vita che diverrà eterna. Sarà l’amore che noi abbiamo vissuto che verrà reso eterno, sarà la comunione con i nostri fratelli che verrà resa eterna.
Dobbiamo sperare o meglio dobbiamo accettare il dono di Dio che si chiama speranza . Dono per ogni anima che crede, poiché è nella fede che si sviluppa la speranza e trova la sua sicurezza e scopre le gloriose prospettive degli ultimi avvenimenti.
Dono alla comunità della Chiesa. La speranza appartiene al patrimonio comune del popolo di Dio. Ed è proprio in questa dimensione comunitaria dove la speranza appare incalcolabilmente ricca.
La Chiesa tutta intera vive nella speranza. “ La Chiesa, alla quale tutti siamo stati chiamati in Cristo Gesù e nella quale per mezzo della grazia di Dio acquistiamo la santità, non avrà il suo compimento se non nella gloria del cielo, quando verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose, e con il genere umano anche tutto il mondo, il quale è intimamente congiunto con l’uomo e per mezzo di lui arriva al suo fine, sarà perfettamente restaurato in Cristo” (Lumen Gentium, 482).
La salvezza dei singoli è un parziale compimento della salvezza di tutto il Corpo Mistico; così la salvezza dei singoli è una derivazione e una espressione della salvezza di tutta la Chiesa. Non può comprendersi tutta la tensione e tutto il dinamismo della speranza se non in questa prospettiva comunitaria.
Il cristiano si sente solidale con tutto il Popolo di Dio. E non è solo un dovere ma una fonte feconda per la sua vita personale. La speranza non rinchiude nella ricerca della propria salvezza ma apre alla ricerca della salvezza di tutti nella Chiesa e con la Chiesa.
Risulta chiaro il concetto di Chiesa «sacramento di salvezza» da intendersi non come «comunità privilegiata dei salvati» ma piuttosto come comunità privilegiata dei chiamati a salvare. La Chiesa è associata a Cristo come sacramento proprio per essere con Lui corresponsabile della salvezza del mondo: comunità di quelli che sono chiamati a salvarsi salvando. Il mistero della salvezza in cui è la nostra speranza non è dunque solo il mistero dell’Amore personale di Dio che discende ad elevare e sanare, chiedendo la libera risposta dell’amore personale dell’uomo, ma è ancora il mistero della assunzione e consacrazione di persone e comunità perché siano segni e strumento di questo incontro di Amore tra Dio e l’uomo. E qui si comprende di più la dimensione comunitaria della speranza proprio in quanto la Chiesa, solidale con tutto il genere umano e con il mondo, li associa alla sua speranza conferendo a questa implicazioni ed istanze storiche sociali e cosmiche in perfetta sintonia con il progetto divino della salvezza.
La Chiesa è il permanere efficace della Misericordia di Dio nel mondo. Posseduta dal suo Cristo è da Lui costituita memoria fedele, ricordo palese e indistruttibile di ciò che Lui è e ha fatto per gli uomini. Ne è l’imitazione vivente e unica, che a Lui rimanda in modo sicuro e inequivocabile.
Tutta la sua struttura esistenziale la costituisce, come è stato detto, una «icona» misteriosa che lo manifesta. La Chiesa posseduta dal suo Cristo lo possiede a sua volta nel senso che Cristo è suo Signore. Egli è un Dio di vita e di risurrezione, gloria inenarrabile del Padre. Egli vive nella sua Chiesa e, in Lei vivendo, la fa vivere; attraverso la sua vita, Egli si costituisce vita per gli uomini. Di conseguenza la Chiesa; speranza non è solo la memoria del suo Cristo, il ricordo che lo manifesta e rimanda a Lui per riscattarlo in modo pedagogico e vero dal silenzio e dalla distanza del tempo che fa dimenticare. Essa è memoria viva, una memoria e un dono.
È il ricordo del Cristo, la sua imitazione e insieme il dono e la comunicazione di Lui. Per lei la vita di Dio diventa vita per il mondo. Ma ancora: la Chiesa viene dal suo Cristo, vive di Lui e vivendo ne attende il ritorno escatologico. Così essa non è solo per l’umanità memoria e dono; è anche profezia di Lui. Tutta la sua esistenza annuncia Lui che verrà nell’ultimo giorno, anticipo sicuro della sua gloria che si manifesterà agli uomini nella Parusìa. Per questo essa è una vocazione di futuro, una promessa feconda di Lui. Collocata tra gli uomini nella estensione della storia e secondo la misura del tempo, la Chiesa ha il compito di sollecitare l’umanità verso il suo Cristo Giudice, perché si compia in modo crescente la pienezza della Pasqua di salvezza che si consumerà nella Gerusalemme celeste. La Chiesa è così la comunità degli uomini in cui Cristo celebra la sua salvezza fino al suo ritorno. Per questo essa si distende nel tempo che sta tra il Cristo che sale al Cielo e il Cristo che ritorna. Così, in quanto viene dal suo Signore, essa è già tutta salvezza, e in quanto va verso di Lui essa è impegnata tutta a realizzarla.
La speranza dunque bisogna rapportarla costantemente all’avvenimento della salvezza che già riempie il tempo della storia e ne sigillerà il corso con la Parusìa del Signore.
Panorami aperti sul futuro ma fondati su certezze presenti. Difatti con la Resurrezione del Signore la promessa restaurazione è già incominciata e la rinnovazione del mondo è già anticipata in questo tempo (Lumen Gentium, 48).
Perciò nell’oggetto della speranza, oltre al supremo ed universale evento di salvezza, rientrano tutti i futuri compimenti di salvezza e, non essendo estranea al progetto divino, la storia dell’uomo e del mondo, vi rientrano anche i beni e i valori naturali e tutti gli avvenimenti storici dai quali tali beni e valori vengono espressi (Rm 83). La Chiesa è cosciente che il Regno di Dio, già presente in mistero, opera di continuo il suo compimento (Gaudium et Spes, 39) anche per mezzo delle attività umane ordinate ai valori naturali (Gaudium et Spes, 34) i quali non sono del tutto perituri, giacché purificati, illuminati e trasfigurati si ritroveranno quando Gesù Cristo Risorto offrirà il Regno al Padre e Dio sarà tutto in tutti. Perciò (Gaudium et Spes, 39) la Chiesa nel flusso del tempo scruta i veri segni della presenza di Dio e del compimento della salvezza (Gaudium et Spes, 11).
Sono molti i motivi che sostengono ed alimentano la speranza della Chiesa, dall’amore e dalla bontà che sono all’origine del disegno divino della salvezza (Lumen Gentium, 2), alle promesse e agli adempimenti messianici. La promessa divina ha un ruolo primario nel fondare la nostra speranza: con Paolo lo attesta tutta la Scrittura dell’Antico e Nuovo Testamento. Noi siamo figli della promessa (Lumen Gentium, 35), intrecciata con l’alleanza da cui nasce il Popolo di Dio (Lumen Gentium, 9). Per il compimento della promessa che trascende tutte le possibilità naturali, la speranza può e deve contare sulla potenza di Colui che opera in noi e a sua volta trascende infinitamente tutte le nostre attese ed i nostri pensieri (Gaudium et Spes, 93).
Di conseguenza tutti gli avvenimenti di salvezza già attuati divengono pegni, fonti e motivi di speranza.
In questa luce Gesù Cristo Signore Risorto è la nostra speranza (1Tm 1,4). Per Lui abbiamo ricevuto lo Spirito Santo e la grazia di essere figli ed eredi di Dio; la grazia è seme di gloria.
Egli è la nostra speranza per il Mistero della sua Morte e Risurrezione (Sacrosanctum Concilium, 106); perciò la speranza cristiana attinge slancio e fervore dalla partecipazione al Mistero Pasquale.
Il cristiano assimilato per la fede ed il battesimo alla morte del Cristo andrà incontro alla Risurrezione confortato dalla speranza (Gaudium et Spes, 22).
Così si risolve anche il problema della morte e del dolore. Il Mistero Pasquale si rinnova in specie nell’Eucarestia che è pegno di speranza e viatico nel cammino (Gaudium et Spes, 38). La Liturgia, celebrando lo stesso mistero della nostra Pasqua (Sacrosanctum Concilium, 102), canta le lodi divine e le speranze umane.
Ancora: la presenza dello Spirito inabitante è altissimo motivo di speranza nella perfetta salvezza e in particolare nella Resurrezione (Gaudium et Spes, 22). Maria immagine e inizio della Chiesa celeste e gloriosa (Sacrosanctum Concilium, 103), compimento già assoluto della promessa, brilla come segno di sicura speranza e, per la sua potenza interceditrice, è valido pegno di speranza (Lumen Gentium, 68). Infine anche dalla comunione con la Chiesa dei santi beati comprensori (Sacrosanctum Concilium, 104) attraverso il loro esempio e l’intercessione derivano nuovi motivi di speranza alla Chiesa pellegrina ed esule (Lumen Gentium, 49; Sacrosanctum Concilium, 8).
La speranza non è un atteggiamento passivo o una attesa inoperosa. Essa è finalmente un amore, e l’amore non è mai ozioso. Non può esserlo a maggior ragione l’amore della speranza escatologica cosciente della sua solidarietà con la Chiesa nel compimento del Regno di Dio. Essa imprime il suo dinamismo anche nell’ordine temporale, non diminuendo gli impegni terreni, ma offrendo nuovi motivi per il loro adempimento (Gaudium et Spes, 21). Così l’attesa e la speranza stimolano alla costruzione di un mondo degno dei figli di Dio, anticipazione e prefigurazione del mondo futuro (Gaudium et Spes, 39).
Perciò i laici diretti responsabili dell’animazione cristiana del mondo non devono nascondere la loro speranza nell’intimo, ma devono esprimerla anche attraverso le strutture della vita secolare (Lumen Gentium, 35) specialmente in seno alla famiglia cristiana. Il messaggio di speranza che la Chiesa annunzia al mondo non è dunque un fatalismo privo di responsabilità e di slancio, ma fonte di luce, di vita e di libertà per ogni progresso (Gaudium et Spes, 21).
La Chiesa, confermata nella speranza, rifiorente di nuovo e giovanile vigore, è la vera giovinezza del mondo (Messaggio ai giovani4).
Come la fede illumina il senso anche della vita temporale (Lumen Gentium, 48) così la speranza compie il significato e il valore di tutte le speranze. Questa integrazione necessaria per salvare dal naufragio dell’insignificanza le speranze degli uomini è frutto della redenzione e compito della grazia. Interprete delle vere speranze, la Chiesa con più fervore proclama il messaggio della speranza oggi, in cui molti uomini, incapaci di riconoscere e stimare i valori perenni nonché d’intendere e d’armonizzare quelli storici, sono tormentati tra l’angoscia e la speranza e vengono travolti in una sterile inquietudine (Gaudium et Spes, 4) nel nichilismo e nella disperazione.
A questi uomini tuttavia gelosi della dignità umana noi dobbiamo garantire che questa non viene lesa dal riconoscimento di Dio, al contrario viene offesa dove e quando viene meno la speranza della vita beata (Gaudium et Spes, 21). La Chiesa esperta in umanità sa con ogni certezza che in perfetta armonia con le aspirazioni del cuore umano il suo messaggio ridona la speranza a quanti disperano di un più alto destino (Gaudium et Spes, 21).
Interprete delle vere speranze la Chiesa le assume, le vive in intima partecipazione, le consacra con la sua speranza affinché entrino nel dinamismo soprannaturale che prepara l’avvento del Regno; le speranze del mondo dei lavoratori, della gioventù e dei popoli nuovi, dei poveri, degli ammalati e dei sofferenti. Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini sono gioie e speranze, tristezze e angosce della Chiesa (Gaudium et Spes, 1). Che su queste speranze del mondo splenda la luce della grande speranza in Gesù Cristo, unico Salvatore.
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