07/03/1982 - 251 - Salmo 63 Ritiro Quaresima Adulti

07/03/1982

251. Salmo 63

Ritiro Adulti, 7 marzo 1982

È un gemito; quello di un uomo che è in una profonda angoscia, attorniato dai nemici implacabili. Hanno una lingua come una spada e le loro male parole e le loro calunnie sono come frecce che penetrano in profondità1.

La Tradizione ha applicato questo Salmo a Gesù Redentore, mettendo particolarmente in evidenza le sofferenze morali che ha provato nell’essere abbandonato dal suo popolo, dall’udire le parole cattive di quella notte e di quel giorno. Le accuse davanti ad Anna2, a Caifa3, a Pilato ed Erode4, le parole del rinnegamento di Pietro5. L’Ave, Rabbi di Giuda6. Il Crucifige del popolo7, le ingiurie e i motteggiamenti sotto la Croce: Vah, qui destruit, ecc…8.

Ritornano in mente le parole delle lamentazioni di Geremia applicate dalla Liturgia a Gesù: Saturabitur opprobriis9. Saturato, colmo. Il tormento di chi ama al sommo ed è rifiutato. Di chi ha detto parole di amore e continua a dirle ed è ricambiato con le più sfacciate offese e le calunnie più atroci. Questo tormento supera quello fisico.

Vogliamo meditare oggi sulle sofferenze di Gesù per intonare tutta la Quaresima alla spiritualità della Croce.

La sofferenza di Gesù è stata la manifestazione somma dell’amore divino. Noi vogliamo andare al Cuore e non possiamo comprendere il Cuore se non comprendiamo quello che ha dato e come lo ha dato superando gli ostacoli.

È proprio guardando a Gesù in Croce, al suo costato aperto dal ferro della lancia che le generazioni cristiane sono arrivate al Cuore. “Dal suo Cuore uscì sangue ed acqua”10, la fonte del Salvatore dalla quale è nata la Chiesa e tutti gli uomini sono stati lavati.

Resta la meditazione posta da san Paolo (Rm 5,6-10): “Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo prestabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvi dall’ira per mezzo di Lui”.

1) Il Cristianesimo nasce dalla Croce e dalla Croce non si può distaccare. Nasce; non possiamo non aver sempre presenti i suoi dolori e la sua morte. Perché sono stati per noi nell’amore, perché da essi abbiamo ricevuto la vita. “La Chiesa è Gesù Cristo diffuso e comunicato” (Bossuet11), è la continuazione di Cristo nella storia umana. Vi è una continuità di destino. Cristo è il sacramento del Padre, con la Chiesa è il sacramento di Cristo e in Cristo sacramento universale di salvezza.

Il mistero di Cristo è mistero di morte e di risurrezione, ed anche la Chiesa deve vivere questo mistero di morte e resurrezione.

Gesù è stato rifiutato: farisei, sacerdoti, certi suoi discepoli, Giuda, i suoi non l’hanno accolto. Questo è il mistero che sempre dobbiamo meditare ed avere davanti ai nostri occhi.

Dobbiamo meditare per amarlo sempre più, dobbiamo meditarlo per capire il senso della vita e di tutte le contraddizioni che ci succedono.

Gesù si presenta fin dal primo istante come sacerdote e vittima: Agnus Dei12, ostia di propiziazione e di pace. Il dolore è come il suo carattere distintivo: Virum dolorum13. Se penetriamo nel suo Cuore. Accetta, desidera, affronta. Molto prima che nel corpo soffrì nell’anima, fin da principio. Poi le sofferenze della sua Passione. Rivediamole una per una. Agonia, flagelli, spine, chiodi, fiele. Che cosa ci dicono? Quale lezione ne possiamo prendere? Agnosce, homo, quantum valeas et quantum debeas (Sant’Agostino14). Quanto ci amò, quanto vale la mia salvezza. Valore della grazia, mi ha ricomprato. Predicare la passione.

Corona di spine. Quale tormento, quale oltraggio. Riconoscerle nelle nostre pene. I chiodi e la lancia. Le cinque piaghe. Le mostra al Padre e a noi. Le conserva, sono fonti vive. Come i fiumi del Paradiso. Omnia utilia et necessaria sibi abundanter inveniet, nec opus est ut extra Jesum aliquid quaerat (San Bonaventura15). In omnibus non inveni tam efficax remedium quam vulnera Christi (Sant’Agostino16). Ubi infirmis requies et securitas, nisi in vulneribus Christi (San Bernardo17). In suis vulneribus libenter habita; si enim ad vulnere et pretiosa stigmata Iesu devote confugis, magnam in tribulatione confortationem senties (Imitazione18).

Il suo sangue. Redemisti nos19. Beati qui lavant stolas suas20. Avuto da Maria.

Sette spargimenti. Circoncisione, orto, flagelli, spine, via Crucis, Croce, lancia. Dilexit nos et lavit nos in sanguine suo21 (Ap 1,5). Fluminis impetus22. Te ergo quaesimus23.

2) La croce è rifiutata dal mondo. Episodio di Cesarea (Mc 8,31-33). La sofferenza è da eliminare. Per Gesù è da accettare volontariamente. Il mondo è agli antipodi. Il dolore, un insulto.

La sofferenza viene dal peccato; non è nelle cose, non viene da Dio, viene dall’uomo che si ribella. È il Figlio stesso di Dio che assume la nostra natura, soffre come noi e più di noi, e muore sulla croce.

Comprendiamo che il dolore non è uno scandalo, ma un mistero; non è un assurdo perché Dio lo ha assunto e vi si è sottoposto nella maniera più profonda. La Croce diventa il senso della storia, che non è che una lotta tra il bene e il male. Al di là del dolore vi è un amore che dà la speranza di una vita eterna.

E la Chiesa continua. E non può essere per questo simpatica. Alcuni tentano di mondanizzare la Chiesa per evitare che il mondo la rifiuti. Bisogna infatti rendersi conto che non potrà mai avvenire che il mondo accetti la Chiesa e la realtà soprannaturale che essa porta senza che avvenga una conversione e quindi una rottura con se stesso. È pericolosa illusione credere che il mondo rifiuti la Chiesa solo perché essa non dimostra un volto evangelico. Non si spiegherebbe perché il mondo ha rifiutato Cristo. Come per Cristo, così per la Chiesa, nel rifiuto c’è l’opera di Satana. Era venuto per ridurre all’impotenza colui che aveva l’impero della morte, il diavolo (cfr Eb 2,14) e distruggere le sue opere: gli ossessi, le malattie; il suo regno è alla fine. “Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome” (Lc 10,17).

Ma è Satana che aizza figli del diavolo, (Gv 8,44) e li spinge a metterlo a morte; entra in Giuda, (Gv 13,2-27). Così anche nella Chiesa: sparge la zizzania, strappa la Parola “affinché essi non credano e così siano salvati” (Lc 8,12), si camuffa in angelo della luce (2Cor 11,14), sub specie boni24.

Ma Cristo è risorto e ha sconfitto Satana, il Peccato e la Morte. Egli non ci abbandonerà fino alla fine: “Prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunziando la croce e la morte del Signore fino a che Egli venga” (Lumen Gentium, 8).

Bisogna che accettiamo la Croce persuasi che prendiamo la parte che ci spetta della Croce di Cristo. Operare unicamente per amore di Dio, e quanto più costa più vale. Il valore della vita dipende dal motivo della vita. Darsi a Lui senza riserva, senza ritorno. Per amore accettare tutto quello che permette.

Abbandonarsi all’amore senza guardare a destra o a sinistra. Se gli altri sono contenti di noi o meno. Una sola cosa: piacere a Dio. Questa generosità è compensata da Dio con un aumento di gioia. Perdersi in Gesù Cristo. Sia Egli a pensare e a volere in me e mi porti al Padre. Amare la sua volontà nelle mille cose.

Credere alla parola di Dio, affidarsi a Lui, è un atto di fede. Tutte le pene vengono dal Padre; sa per quali vie condurci alla beatitudine. Egli è Padre pieno di bontà e di sapienza. Non spaventarci delle prove. Sa come potare. Siamo membri di Cristo e talmente uniti a Lui e talmente solidali che tutte le nostre pene, le nostre pesantezze, le nostre prove di corpo e di anima sono assunte da Lui e gridano di continuo misericordia verso il Padre. Egli vede in noi il Figlio suo, il diletto, e la sua misericordia ci inonda di grazia.

Nos credidimus caritati25.

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