25/11/1979 - Ritiro di avvento adulti

25/11/1979
Ritiro spirituale tempo di Avvento

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PRIMA MEDITAZIONE E questa è la parola del vangelo che vi è stato annunziato.  Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza, come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: se davvero avete già gustato com’è buono il Signore. Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura:  Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chi crede in essa non resterà confuso.  Onore dunque a voi che credete; ma per gli increduli la pietra che i costruttori hanno scartato è divenuta la pietra angolare,  sasso d’inciampo e pietra di scandalo”(1Pt 1,25. 2,1-8). Questo il testo su cui fare la nostra meditazione. È l’esempio del bambino che è portato. Per cui, con semplicità e con umiltà, dobbiamo realizzare una condizione fondamentale: “Se non sarete come bambini non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3). Sono parole di Gesù. Dobbiamo realizzare la semplicità con l’abilità: “Bramate il puro latte spirituale” (1Pt 2,2). L’Avvento si deve sentire come una grande novità per rifarsi da tutte le nostre stanchezze, da tutte le nostre abitudini, da un cristianesimo che non è più sentito come deve essere sentito, perché anche sulle cose più belle scende la patina del tempo e soprattutto non si vibra più perché le nostre abitudini ci hanno lasciati così, in tanta parte, indifferenti.  Porci allora come dei bambini vuol dire realizzare una vera novità, quella novità di vita che il Signore ha sottolineato come frutto della Sua resurrezione. Dobbiamo essere decisamente pronti all’ascolto della Parola e penso che non senza uno sforzo noi lo possiamo fare, quello sforzo che è segnato dalla nostra intima comunione con lo Spirito Santo. È lo Spirito che ci fa nuovi.  Come si configura l’infanzia spirituale? Si configura in una via di stretto e grande abbandono allo Spirito perché ci unisca a Lui, pietra preziosa e scelta da Dio, per diventare anche noi pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale. Il vincere le nostre abitudini, il vincere le nostre stanchezze, è necessario di una necessità molto forte. Direbbe Santa Teresa di Gesù Bambino: “Finché restate grandi, non realizzate. Dovete diventare piccoli”. Prendiamo un altro testo, è un testo famoso, tratto dal profeta Isaia: è il testo di Isaia al capitolo 66, al versetto 12. Cominciamo dal versetto 10: Rallegratevi con Gerusalemme,  esultate per essa quanti la amate.  Sfavillate di gioia con essa voi tutti che avete partecipato al suo lutto.  Così succhierete al suo petto e vi sazierete delle sue consolazioni;  succhierete, deliziandovi,  all’abbondanza del suo seno.  Poiché così dice il Signore:  “Ecco io farò scorrere verso di essa,  come un fiume, la prosperità;  come un torrente in piena la ricchezza dei popoli;  i suoi bimbi saranno portati in braccio,  sulle ginocchia saranno accarezzati.  Come una madre consola un figlio così io vi consolerò;  in Gerusalemme sarete consolati.  Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore le vostre ossa saranno rigogliose come erba fresca.  La mano del Signore si farà manifesta ai suoi servi,  ma si sdegnerà contro i suoi nemici” (Is 66,10-14).  L’anima che vuole cominciare da nuovo, deve essere in mano allo Spirito proprio così, abbandonandoci soavemente alla sua azione, lasciandosi guidare con tanta fiducia e con tanta tenerezza.  L’infanzia spirituale è questa confidenza dolce e serena, che prende atto della propria miseria, della propria deficienza, del proprio non poter fare. È una verità di cognizione che si realizza fino in fondo. L’anima non si illude, sa di essere estremamente povera, estremamente debole, sa che non ce la fa, che anche i propositi più forti e più veri non resistono, per cui non parte da un’irreale costruzione dell’orgoglio, ma parte da una constatazione molto ferma e molto vera.  E come può fare allora? L’urgenza di darsi a Dio e di costruire la virtù hanno evidenza piena. D’altra parte si sa che non si riesce. E allora, ecco: “come bambini appena nati”. E dice Isaia: “Così succhierete al suo petto e vi sazierete delle sue consolazioni. Succhierete deliziandovi all’abbondanza del suo seno”: è lo Spirito Santo, è l’abbandono all’amore infinito, è l’abbandono senza alcuna incertezza, senza temere per la propria dignità, senza temere di riconoscere che la nostra debolezza non ha giustificazioni, la nostra debolezza è quella che è, ma la misericordia di Dio supera tutto. Abbandonarsi allo Spirito Santo, cioè all’amore che ha preso stanza, ha preso dimora in noi. Abbandonarsi allo Spirito Santo che costituisce la forza, costituisce l’ardore. È Lui che brucia, è Lui che agisce al di là del nostro intendimento, al di là delle nostre capacità. È Lui. L’anima allora si abbandona alla misericordia che è sempre pronta, all’amore che non si ritira mai; anzi, i nostri peccati sono un titolo per essere cercati di più, perché il pastore va a cercare solo una pecorella smarrita. Ecco l’abbandono totale, umile, fiducioso, che porta non una passività ma un forte spirito di collaborazione. L’abbandono alla grazia dello Spirito Santo è l’incentivo a un grande attivismo. L’anima si deve sentire veramente tesa, tutta tesa, decisamente, di una decisione che non conosce riposo, con l’ardore del bimbo, con la totalità che ha il bimbo, che piange con tutte le lacrime e che ride con tutto il suo viso, il bambino che si dà completamente. Perché lo Spirito in noi stimola la nostra iniziativa e suggerisce alla nostra libertà. Vorrei che insisteste nella meditazione continuata dell’azione dello Spirito nella nostra anima, perché è proprio in questa visione che noi dobbiamo cominciare una nuova collaborazione con Lui nell’anno liturgico che si apre. Lui è l’unzione. Lo Spirito Santo dà l’unzione all’anima. Il cuore dell’unzione dice consacrazione, dice rinnovamento: Questo vi ho scritto riguardo a coloro che cercano di traviarvi. E quanto a voi, l’unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi (ecco, l'azione dello Spirito non passa) e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri; ma come la sua unzione vi insegna ogni cosa, è veritiera e non mentisce, così state saldi in lui, come essa vi insegna” (1Gv 2,26-27).  Allora l’abbandono nello Spirito è sicurezza di Lui per cui non dobbiamo cercare nessun altro e dobbiamo camminare, perché nella collaborazione noi otterremo la nostra gioia completa. San Giovanni parla di unzione e San Paolo, sempre riferendosi allo Spirito Santo, parla di un profondo segno che ha messo in noi. Il testo, abbondo nei testi perché vi servono di meditazione, è nella seconda ai Corinti, in cui Paolo parla di Gesù Cristo che non fu sì e no, ma in Lui c’è stato il sì. E poi continua: “È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo, e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito Santo nei nostri cuori” (2Cor 1,21-22).  È sempre lo stesso concetto espresso con forza. L’unzione è un sigillo, un segno ed è una caparra per cui la nostra sicurezza è assoluta: noi possiamo cominciare di nuovo perché questa azione dello Spirito Santo è meravigliosa. Come del resto, nella stessa lettera lo sottolinea al capitolo 3 dove, l’azione dello Spirito Santo non solo è un’unzione e un segno, ma è una scrittura. Lo Spirito scrive in noi: “La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori” (2Cor 3,2-3).  È una scrittura e per questo è una caparra. Ci garantisce in una maniera mirabile. Ecco allora il bambino che non ha paura, conosce tutte le sue debolezze, conosce tutti i ritorni paurosi alla mediocrità. San Paolo dirà in un altro testo: “Il nostro vangelo infatti non si è diffuso fra voi soltanto per mezzo della Parola ma anche con la potenza e con lo Spirito Santo e con profonda convinzione” (1Ts 1,5). Noi allora abbiamo il privilegio di essere condotti. Rapportandoci al versetto del Pentateuco: “Come l’aquila va in alto, così io vi porterò”, vi porterò. “Io – dice il Signore – vi farò volare” (cfr. Dt 32, 11). Ecco, questa pienezza, questa sicurezza, questa profonda gioia per cui il nostro compito sarà quello di non rattristare lo Spirito Santo di Dio, come dice ancora San Paolo: “Non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio con il quale voi foste segnati per il giorno della redenzione” (Ef 4,30).  Allora tutta la dinamica di cominciare un nuovo anno è una dinamica non illusoria, ma ben possibile, ben forte perché, come dice ancora l’Apostolo agli Efesini: “Abbiamo ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso” (Ef 1,13).  Cosa vuol dire allora realizzare questo nostro anno nella grazia dello Spirito? Vuol dire sentire questa azione in noi e partecipare, collaborare, donarci. Vuol dire essere ben compresi che non siamo mai soli, che lo Spirito Santo di Dio ha messo la Chiesa come suo tempio e ogni anima nostra l’ospita. Vuol dire lasciarci spingere nella comprensione e nella partecipazione di ogni Parola del Signore. Cosa vuol dire partecipare alla Parola, se non lasciarla scendere fino in noi, e farla nostra? “Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me” (Gal 2,20). Si capisce allora il nostro esame di coscienza, il nostro sforzo in una revisione di vita. Quali sono state le forze che ci hanno impedito il progresso più svelto, che ci hanno impedito un cammino più celere? Ognuno analizzerà. Con facilità però si trova una causa, che troppe volte è il denominatore comune: che abbiamo confidato troppo in noi stessi, che siamo stati orgogliosi, che abbiamo immaginato di essere ben solidi nei nostri propositi, ben bravi nei nostri ragionamenti. Abbiamo confidato troppo in noi e non abbiamo tenuto presente la Parola del Signore: solo i bambini entrano, entrano. Perciò vorremo prendere con realismo i nostri propositi passati, vederli sotto questa luce particolare, la luce che viene dalla grande verità che noi siamo mossi dallo Spirito se ci abbandoniamo con umiltà e con molta serenità. Siamo mossi dallo Spirito e non dobbiamo mai abbandonare quella mano, perché se l’abbandoniamo siamo molto, molto sciocchi perché non ce la facciamo, e, pur essendo adulti, pur insegnando agli altri, siamo ancora e sempre estremamente deboli. Solo l’abbandono e la confidenza nella grazia del Signore ci può salvare.  SECONDA MEDITAZIONE Ritorniamo al nostro testo di meditazione, il secondo capitolo della prima lettera di san Pietro: Onore dunque a voi che credete; ma per gli increduli la pietra che i costruttori hanno scartato è divenuta la pietra angolare,  sasso d’inciampo e pietra di scandalo. Loro v’inciampano perché non credono alla parola; a questo sono stati destinati. Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi, che un tempo eravate non- popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia. Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai desideri della carne che fanno guerra all’anima. La vostra condotta tra i pagani sia irreprensibile, perché mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio” (1Pt 2,7-12). La nostra meditazione si snoda nella contemplazione dell’opera di Dio.  Dio opera meravigliosamente. Dio dona abbondantemente, non solo all’individuo, alla singola persona, ma soprattutto al popolo di Dio, a questa nazione santa, a questo popolo che si è acquistato. Si è acquistato a che scopo? Perché proclami le opere meravigliose di Lui. Noi, molte volte, siamo bloccati per una ristrettezza di visione. Dobbiamo imparare a vedere le opere meravigliose di Dio nella Scrittura e fuori dalla Scrittura, nella continuazione, in tutte le meravigliose cose che opera nella storia della salvezza, nella nostra storia, nella nostra vita, nella Chiesa del nostro tempo, in quella che ogni giorno è l’invenzione mirabile della Provvidenza di Dio. Abbiamo bisogno insomma di speranza, speranza che da una posizione orizzontale ci porta ad una visione verticale, ad una visione per cui tutto in Dio è grande, tutto in Dio è degno di lode e le opere di Dio sono in una continuità magnifica. Abbiamo bisogno di vedere, abbiamo bisogno di sentire perché allora il nostro cuore si allarga, il nostro cuore sente come ogni giorno stiamo costruendo la storia della salvezza, ogni giorno in noi si verifica mirabile la parola del Signore.  Il popolo scelto da Dio, un sacerdozio regale, una nazione santa. In che maniera noi ne siamo parte nell’operare e nell’agire? Abbiamo bisogno della virtù della fortezza, della virtù della fortezza perfezionata dal dono omonimo dello Spirito Santo. Noi, lo dicevamo stamattina, siamo chiamati alla collaborazione, ma siamo chiamati alla collaborazione non come gente da ornamento, non come lavoro di periferia.  Appartenere al sacerdozio regale, alla nazione santa, vuol dire che da noi si richiede una collaborazione di fondo, una collaborazione intensa. Siamo noi che dobbiamo prolungare il Regno di Dio, siamo noi! E la fortezza è perciò la nostra vera virtù. La fortezza è una virtù che sotto diverse denominazioni si rende necessaria dal mattino alla sera. Abbiamo bisogno di fortezza nelle nostre decisioni perché siano improntate non ai nostri comodi, non ai nostri interessi, ma alla gloria di Dio. Abbiamo bisogno della fortezza nel programmare il nostro tempo, nell’essere padroni delle nostre occupazioni. Abbiamo bisogno di un’intensa riflessione per non lasciarci capovolgere i valori e finire in un caos, in una confusione di cose. Abbiamo bisogno di fortezza perché è solo con la fortezza che riusciamo, nell’esecuzione delle cose, a realizzare fino in fondo.  Il nemico del nostro servizio a Dio sta proprio in quella specie di debolezza che ci prende in mille forme, ma è sempre debolezza. Debolezza che è paura, debolezza che è cedimento, debolezza che ci viene spacciata dalla tentazione come umiltà ma è debolezza.  Quando si parla dello Spirito Santo nella Scrittura, si parla frequentemente di potenza, l’abbiamo visto anche nei testi stamattina, si parla di potenza, si parla di forza, si parla di intervento deciso ed è proprio qui, contro le nostre paure, che Gesù parla dello Spirito Santo come del Consolatore, del Paraclito.  La nostra vita è troppo presa da molti fattori che non sono essenziali. È troppo presa. Nel capitolo 13 degli Atti si dice che, dopo la predicazione di Paolo, i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo ed è vero. Quando si ascolta fino in fondo la Parola e non si indietreggia: “La Parola di Dio si diffondeva per tutta la regione”. I giudei suscitarono una persecuzione e li scacciarono dal loro territorio. “Allora essi, scossa contro di essi la polvere dei loro piedi, andarono a Iconio” (At 13,49-51).  Molte volte noi manchiamo di gioia perché manchiamo di fortezza, manchiamo di Spirito Santo perché ci lasciamo condurre da altre ispirazioni, da altre forze, da altri rivolgimenti. Noi, praticamente, roviniamo tutto perché ci manca la fortezza. Per essere forti, bisogna essere illuminati, scegliere ciò che è giusto. Ma, quando abbiamo scelto ciò che è giusto, dobbiamo progredire con grandissima forza, con grandissima generosità, senza voltarci indietro, perché altrimenti non siamo degni del Regno di Dio. Lo vediamo nella Scrittura, particolarmente negli Atti degli Apostoli: quanta fortezza e come Paolo è sdegnoso di fronte anche a un po’ di paura! Vediamo che, dopo il primo viaggio apostolico, quando Paolo, dopo aver evangelizzato Cipro, arriva nell’Asia Minore, Marco che li accompagnava, li abbandona e per questo Paolo non lo vorrà più. Non lo vorrà più perché è una linea che per lui è stata abbandonata: alla fine del capitolo 15 degli Atti: “Dopo alcuni giorni Paolo disse a Barnaba: ritorniamo a far visita ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunziato la Parola del Signore, per vedere come stanno”. Barnaba voleva prendere insieme anche Giovanni, detto Marco, ma Paolo riteneva che non si dovesse prendere uno che si era allontanato da loro nella Panfilia e non aveva voluto partecipare alla loro opera. Il dissenso fu tale che si separarono l’uno dall’altro; Barnaba, prendendo con sé Marco, si imbarcò per Cipro. Paolo invece scelse Sila e partì, raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore” (At 15, 36-40). Le opere di Dio richiedono coraggio, prima di tutto la nostra santificazione. La nostra santificazione è l’opera di maggiore coraggio che dobbiamo fare nella vita. È per questo che ci dobbiamo mettere sotto la guida dello Spirito Santo. È per questo che dobbiamo essere completamente non fiduciosi di noi, ma completamente recettivi della sua azione. Lui ci vuol dare il suo dono perché il suo dono, la fortezza, è il dono dei martiri, è il dono degli apostoli, è il dono dei testimoni. Noi dobbiamo essere forti, noi non possiamo avere una fortezza di poche ore, noi non possiamo legare la nostra fortezza a un momento di fervore, scomparso il quale, scompare la fortezza.  Di conseguenza insisteremo proprio nel riflettere come siamo stati scelti dal Signore per essere pietre della costruzione del Regno, pietre che si lasciano forgiare, pietre che costituiscono l’ossatura del tempio, perché sulla pietra angolare anche noi, pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, non possiamo non essere che in quest’ordine, perché altrimenti tradiamo la nostra missione. E adesso, all’inizio di questo anno liturgico, ci dobbiamo sentire veramente impegnati, di un impegno che va fino in fondo, a cominciare, a proseguire, a finire. È mirabile l’anno liturgico, ci dispiega tutta la vita del Cristo, ce la insegna, ce la inculca. Mirabile, sì, ma cosa conta se noi siamo fiacchi, se noi non cominciamo con entusiasmo, se noi non vogliamo agire in un esercizio di fortezza perenne? Cosa importa se dopo poco spazio, dopo qualche momento di buona volontà, succede la pianura di tutta la nostra mediocrità, di una mediocrità che ci deve proprio fare orrore? Fare orrore! Dice Paolo: “Quando infatti eravate sotto la schiavitù del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? Infatti il loro destino è la morte. Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino avete la vita eterna. Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore” (Rm 6,20-23). La schiavitù dei nostri difetti, dei nostri peccati va scossa, va superata dai frutti della giustizia, dai frutti che si raccolgono nello Spirito Santo, il dono di Dio che ci porta alla vita eterna. Come si arriva alla virtù della fortezza? Si arriva ubbidendo alle ispirazioni dello Spirito Santo anche se l’ubbidire costa, soprattutto in principio costa, quando dobbiamo ordinare meglio la nostra vita, quando dobbiamo tagliare delle cose a cui noi teniamo molto, quando dobbiamo renderci indipendenti da certe pressioni esterne. Ubbidire allo Spirito Santo nella certezza che, quando dimostriamo la nostra docilità e umiltà, lo Spirito interviene, costruisce, meravigliosamente ci dona. La virtù della fortezza si ottiene così, invocando, ubbidendo, disprezzando tutte quelle cose, e tutte quelle situazioni che non sono per noi. “In lumine tuo videbimus lumen” dice il Salmo, “Nella tua luce, Signore, vedremo la luce” (Sal 36,10). E proprio ponendoci in ascolto, ponendoci in invocazione, proponendoci questa virtù come la virtù del nostro Avvento, cominceremo con l’Avvento ad essere più forti, meno indulgenti con i nostri comodi, meno caotici e pressappochisti, meno afferrati dalle situazioni e dalle cose. Siamo di tutti e di tutto e non siamo di noi stessi, perché non ci consegniamo completamente allo Spirito Santo, non ci consegniamo. E amiamo di più questa situazione che una situazione chiara e precisa. “Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!”(Lc 11, 13). “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Lc 11,9). La certezza è che lo Spirito Santo è sommamente attivo in noi, non ce lo dobbiamo certo immaginare ozioso, è Lui che ci dà la sicurezza di camminare bene e l’energia per camminare bene. L’esempio l’abbiamo sempre sott’occhio, è l’esempio di Gesù, così sereno di fronte a tutte le situazioni, così forte, particolarmente durante la Passione, anche in situazioni così tremende: “Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo e a dirgli: indovina. Intanto i servi lo percuotevano” (Mc 14,65). E intanto Pietro lo rinnegava. Gesù il forte. Noi dobbiamo pregare lo Spirito Santo perché nella nostra giornata e nella nostra vita sappiamo trovare le soluzioni adatte, le scelte adatte; perché sappiamo mantenerle con dignità e perseveranza, perché possiamo così edificare la nostra storia, che è la storia della Chiesa, che è la storia della nostra Chiesa, del nostro cristianesimo, che è la storia che prima era di Abramo, che prima era di Davide, che dopo divenne di Pietro e di Paolo, che poi divenne dei santi martiri e dei santi confessori, e dei santi monaci, e adesso è diventata nostra, nostra! La storia dell’Antico Testamento, la storia del Nuovo Testamento, la Chiesa dell’Antico Testamento, la Chiesa unica del Nuovo testamento fino a noi. E dobbiamo essere così.  Un anno liturgico nuovo indica un periodo nuovo di questa storia della Chiesa e siamo noi che la facciamo. Ecco perché dobbiamo essere forti. Forti con noi stessi – ripeto! –, forti con gli altri, forti nel nostro lavoro, nel nostro ambiente, per essere forti di fronte a tutti, per testimoniare che Gesù è Dio, per testimoniare che la Chiesa è sacramento universale di salvezza, per testimoniare che l’unica speranza l’abbiamo nel Signore Gesù. Ecco, la nostra revisione di vita ci porterà a un bilancio della nostra vita in rapporto alla fortezza. Perché non hai pregato bene? Perché ti sei smarrito, hai perso pazienza, energie, perché non hai saputo testimoniare, perché non hai saputo parlare, perché non hai saputo agire, perché non hai saputo comprendere, perché non hai amato l’altro come te stesso e non sei andato a quelle forme di bontà e carità che si richiedevano? Perché? Perché sei stato debole, perché sei stato pauroso, perché non hai invocato abbastanza lo Spirito che è Spirito di fortezza, la fortezza divina, posta a disposizione della nostra debolezza umana.  TERZA MEDITAZIONE Un breve pensiero, come al solito, facciamo in chiusura. Torniamo al nostro capitolo e portiamoci al versetto 21: Ma se facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, poiché anche Cristo patì per voi,  lasciandovi un esempio,  perché ne seguiate le orme:  egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca,  oltraggiato non rispondeva con oltraggi,  e soffrendo non minacciava vendetta,  ma rimetteva la sua causa a colui  che giudica con giustizia.  Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce,  perché, non vivendo più per il peccato,  vivessimo per la giustizia;  dalle sue piaghe siete stati guariti.  Eravate erranti come pecore,  ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime” (1Pt 2,21-25).  Ecco, il tempo di Avvento è un tempo di disposizioni ad accogliere il Signore, un tempo che ci dispone a guardare, a studiare, perché non lo accoglie bene che chi lo capisce, che chi è entusiasta delle sue scelte. È evidente che tutto il nostro tempo di Avvento deve essere un allenamento a studiare la figura di Gesù, perché poi durante tutto l’anno liturgico, ci verrà presentato nei diversi aspetti della sua vita.  Lo vedremo nel tempo di Natale e nell’infanzia, nella vita nascosta di Nazareth, nella vita pubblica durante la Quaresima, eccetera... L’allenamento a questo studio, dice san Pietro, costituisce la nostra vocazione: “A questo siete stati chiamati. Cristo vi ha dato l’esempio perché ne seguiate le orme” (1Pt 2,21). Ecco, allora, il tempo di Avvento è un tempo di silenzio interiore e un tempo di meditazione. Noi vorremo sentire questo tempo forte come un tempo di vero ascolto, di vera attenzione allo Spirito che ci erudisce, allo Spirito che entra in noi e, rimuovendo gli ostacoli, ci dà il senso delle cose divine, ci dà la gioia delle cose di Dio.  Cercheremo di viverlo come un tempo forte, un tempo forte di riflessione. Vedremo Gesù Cristo come un modello da imitare, un modello possibile, un modello, ce lo assicura lo Spirito Santo, facile, un modello che noi possiamo adottare sia per la nostra vita intima che per la nostra vita di comunione con gli altri e di azione verso gli altri. Giustamente nota san Pietro come in Cristo dobbiamo seguire l’ammirabile pazienza, l’ammirabile carità con la quale egli ha ricevuto tante offese e tanti obbrobri: “Oltraggiato non rispondeva con oltraggi. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo” (1Pt 2,23). Ecco, seconda cosa che noi dobbiamo fare nell’Avvento. Dopo la meditazione fatta con impegno, fatta con questa notevole attenzione, ecco, sentire la nostra responsabilità di redenzione, perché nell'Avvento ci prepariamo al Natale e il Natale di tanti anni fa non è ancora il Natale del mondo, il Natale di tante anime. Bisognerà che cresciamo nell’Avvento la nostra preghiera per la salvezza, per l’evangelizzazione. Bisognerà che durante l’Avvento sentiamo il problema di coloro che sono senza Cristo, che sono senza di Lui e quindi sono in una tremenda povertà, in una povertà abissale. È tremendamente doloroso che ci sia chi patisce fame, chi non ha la libertà. È doloroso che tanti nostri fratelli siano in condizioni subumane, ma la tristezza più grande è che tanti nostri fratelli non hanno la consolazione di Gesù, la consolazione di conoscerlo, la consolazione di amarlo, non hanno il suo spirito che li consoli e li guidi. È la carenza massima, che noi dobbiamo sentire viva e forte nell’Avvento.  Anche noi, a somiglianza di Cristo, dobbiamo portare i peccati su di noi perché Lui ci ha salvato e ci ha incaricato di essere salvatori, vuole che siamo salvatori. Ed è perciò che ci dobbiamo educare a una preghiera universale, a una preghiera forte, a una preghiera convinta per gli altri, non eccezionalmente, ma abitualmente. Noi dobbiamo preoccuparci e preoccuparci con forza del Cristo. Diremo: “Vieni, Signore, vieni!”. Lo ripeteremo in mille modi nella Liturgia. Ecco, noi siamo ambasciatori di tutta l’umanità. Dobbiamo pregare per chi non sa pregare e dobbiamo impegnarci perché venga la salvezza. Meditazione, preghiera universale, ed ecco la terza cosa concreta che ci resta da fare: il nostro spirito di purificazione e penitenza. “Dalle sue piaghe siamo stati guariti ed eravamo erranti come pecore” (cfr. 1Pt 2,25). La penitenza dice la nostra decisa adesione al piano di Dio. La prima adesione è nell’accogliere la Parola, meditazione; la seconda è nel contribuire alla salvezza con la nostra invocazione; la terza è impegnarci efficacemente perché con la nostra vita e con la nostra penitenza possiamo dare concretamente a Dio il tributo del nostro amore: che sia Lui glorificato, sia Lui, con pienezza, che regna in noi e regna attraverso di noi.  Tre opere. Studieremo in modo molto reale, in un modo molto concreto, come potremo applicare queste tre indicazioni. Mediteremo per amare. Ameremo nel nostro prossimo. Dimostreremo a Dio che il nostro amore non è di parole, è veramente di fatti. E in questo mi pare che ci sia tutta la conclusione del nostro ritiro, un ritiro che vogliamo veramente forte, veramente impegnato, un ritiro che vorremo forte e impegnato nei suoi propositi e che quindi poi riusciremo a realizzare. Cristo Re oggi ci ha fatto sentire come ci ha preceduto, come ha fatto. Ecco, tornano le sue parole: “Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,15).
CODICE 79MQR083
LUOGO E DATA 25/11/1979
OCCASIONE Ritiro Spirituale
DESTINATARIO Adulti
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Avvento, l’opera dello Spirito Santo
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
    tra la vita delle persone, condividendo tutto. 
    In fondo, forse, è il segreto più prezioso che ci ha svelato.”
    Umberto Roversi

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