22/02/1976 - Vespro VII Domenica Ord

Sant'Ilario d'Enza, 22/02/1976
Catechesi Vespro VII domenica Tempo Ordinario

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Domenica scorsa parlavamo della spiritualità dei martiri, di quella spiritualità forte e vigorosa che li ha fatti trionfare di fronte ai tormenti e alla morte. La Chiesa ebbe finalmente la pace esteriore, cessarono le persecuzioni. Ma, ecco, una grande tempesta: quegli errori, che andavano serpeggiando qua e là, presero improvvisamente fuoco e formarono un incendio che minacciò di devastare tutta la Chiesa. Vennero quelli che noi chiamiamo “gli errori trinitari” e “gli errori cristologici”. La Sacra Scrittura, nel presentarci le verità da credere, non aveva preso in prestito delle parole della sapienza umana, della filosofia umana; diventava difficile allora una precisazione che fosse esatta e nello stesso tempo accontentasse la cultura di allora. Avrebbero dovuto avere un cuore molto semplice, accettando la Parola di Dio e non indagando in una maniera umana nelle cose divine. E invece lo fecero. Gli “errori trinitari” o rischiavano di annullare l’unità di Dio (facendo delle tre Persone divine tre “dei” distinti), o rischiavano di annullare la distinzione delle persone (facendo delle tre Persone divine tre aspetti di Dio: come Dio si chiamasse Padre quando crea, si chiamasse Figlio quando redime, si chiamasse Spirito Santo quando santifica; come si diceva allora, quasi tre maschere di Dio). Evidentemente in questo errore confluivano tutti coloro che non si piegavano di fronte a questa parola “mistero”; dicevano: non c’è alcuna cosa che l’uomo non possa capire, guardiamo di capirci un po’. E sbagliavano, e ponevano come Parola di Dio quella che era la loro parola, e ponevano come Scrittura quella che erano la loro filosofia. E così negli errori cristologici: la Scrittura ci aveva presentato Gesù, vero Dio e vero uomo; di qui poi l’indagine: come la divinità è unita all’umanità? In che rapporto? Come Dio si è incarnato? Come si fa a chiamare Gesù Dio? Dispute interminabili, lacerazioni e divisioni in ogni Chiesa, un fermento universale nel quale poi si inserirono tutte le miserie umane, dalla politica intesa male, agli interessi, agli orgogli, a tutto quello che confluisce così da tutte le parti di un organismo su un punto, quando quel punto è lacerato. Grande è stata la sofferenza della Chiesa. Che cosa ha salvato allora le anime? Quale linea di spiritualità hanno preso coloro che sono restati nel retto sentiero? Sappiamo che in questo tempo, come nel successivo, Dio susciterà dei grandi santi, dei grandi sapienti che chiamiamo “Padri della Chiesa”; questi Padri della Chiesa, illuminati da Dio, diedero l’indirizzo a questa spiritualità, che soprattutto era spiritualità di fede, di fede nella Parola di Dio e di fede nella Chiesa, riconoscendo come il Signore ci vuole partecipare la sua verità insieme al suo amore e perciò non ci vuole ingannare. Non c’è una dottrina per i sapienti e una dottrina per quelli che non hanno studiato: unica è la dottrina data da Dio, consegnata alla Chiesa e dalla Chiesa consegnata alle anime. Una spiritualità di fede nella Parola di Dio, vedendo nella Parola di Dio la risoluzione dei nostri problemi, vedendo nella Parola di Dio, anche quando enuncia cose molto difficili alla nostra comprensione, una misericordia e un amore. Dio non dà la sua rivelazione tanto per darcela, ma anche la rivelazione di un mistero è una rivelazione data per il nostro progresso spirituale, per il bene di tutta la Chiesa. Fede nella Chiesa, riconoscendo il carisma a coloro che sono posti a governare la Chiesa, riconoscendo in loro un dono di Dio. Dirà uno di questi Padri, sant’Ireneo di Lione: “Ecco, volete sapere come ci possiamo garantire della retta dottrina? Guardiamo la Chiesa di Roma: è alla Chiesa di Roma dove tutte le Chiese devono confluire; è lì la garanzia”. Sant’Ireneo di Lione veniva nel periodo immediatamente dopo gli apostoli, e la sua parola faceva testo, e resterà anche in questi anni sicura indicazione. La spiritualità di quei cristiani si consolidò così: umiltà, semplicità, preghiera fatta così, partendo dalla Bibbia. La spiritualità di quei cristiani ha potuto vincere queste grandi battaglie. Dirà a commento un giorno san Girolamo: “Un giorno il mondo si svegliò e si trovò ariano”. L’eresia di Ario l’aveva completamente contaminato: Chiese intere erano passate a questa eresia, molti vescovi avevano defezionato. Restava la Cattedra di Pietro, restava nella Chiesa la semplicità delle anime che riconoscevano la presenza dello Spirito. Ecco, anche noi passiamo dei momenti difficili nella Chiesa: di che cosa ci dobbiamo ricordare? Di come hanno vinto loro, quei cristiani, per poter anche noi stare ben attenti. Dice la Scrittura: “Stia attento chi è in piedi a non cadere” (1 Cor 10, 12). Ecco, cerchiamo di prescindere da tutti i nostri interessi, da tutte le nostre idee, da tutte le nostre cose, per accogliere sempre e solo quello che ci dice lo Spirito del Signore.

CODICE 76BNV01336N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 22/02/1976
OCCASIONE Catechesi Vespro VII domenica Tempo Ordinario
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Prime comunità apostoliche: le eresie
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