04/03/1975 - Martedi III Quar

Sant’Ilario d’Enza, 04/03/1975
Omelia, Martedì III Settimana Tempo Quaresima

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Dn 3,25. 34-43; Mt 18,21-35

È un’insistenza molto forte di queste liturgie quaresimali sulla carità del prossimo. In fondo è sempre questa parola che è ripetuta: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”. Essere misericordiosi verso gli altri vuol dire allora perdonare delle reali offese, perdonare degli autentici difetti. Perché se non andiamo d’accordo indubbiamente ognuno pone i suoi difetti. E come ha piacere che Dio gli perdoni così deve avere piacere a essere perdonato e a perdonare al proprio fratello. Per arrivare a una carità di perdono, allora, bisogna cominciare dal cuore. È il cuore che deve perdonare . E per perdonare non deve giudicare. E per non giudicare deve restare in un atteggiamento molto sincero ed umile. Perché noi parliamo di giudizi temerari come di grandi offese alla carità, anche se non trapelano all’esterno. È un giudizio temerario quando non si scusa il prossimo per un suo difetto, ma lo si giudica duramente, anzi lo si giudica temerariamente, cioè lo si giudica senza avere dei motivi autentici, veri, dei motivi che ci portano di fronte all’evidenza. La prima carità è, dunque, dentro di noi, così nell’astenerci dal giudicare uno cattivo, perché solo Dio giudica. Quanto è facile invece sospettare subito il male! Quanto facile è mettere la cattiveria negli altri. Quanto è facile dire subito che gli altri sbagliano e sono male intenzionati. Dobbiamo allora non solo correggere gli atteggiamenti, non solo correggere le espressioni, le malignità, le calunnie, le mormorazioni, ma dobbiamo correggere l’intimo del nostro cuore. È nell’intimo del nostro cuore dove si costruisce la carità, la vera carità, quella carità per la quale poi veniamo scusati dal Signore di tutti i nostri peccati. Questo impegno della carità è un grande impegno di noi cristiani. Troppo spesso non diamo il buon esempio, troppo spesso siamo nell’ordine della pretesa: pretendiamo dagli altri, giudichiamo gli altri, non vediamo i nostri difetti, non sappiamo valutarli come devono essere valutati. E nell’interno della famiglia e nelle nostre relazioni sociali. Noi cristiani dobbiamo dunque ascoltare l’ammonimento di Gesù: “Quante volte perdonare al fratello?”. Sempre. Settanta volte sette è sempre. Sempre. Ogni volta. Come fosse la prima volta. Senza stancarci. Come, come tutto noi dovessimo, come nulla potessimo pretendere. È così nell’ordine stesso della carità che ci ha mostrato il Signore, quando ci ha salvato, quando in tutte le occasioni ci perdona. Quante confessioni abbiamo fatto! Quanti propositi purtroppo non abbiamo mantenuto! E il Signore ci continua a perdonare. Ecco, prendiamo l’esempio da Lui e cerchiamo di essere perfetti come è perfetto il nostro Padre celeste.

CODICE 75C3Q01342N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 04/03/1975
OCCASIONE Omelia, Martedì III Settimana Tempo Quaresima
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
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