1 Sam 5,1-3; Col 1,12-20; Lc 23,35-43.
È una festa di gioia. La festa di Gesù nostro Re. Perché gli apparteniamo, perché Lui ci ha conquistati col suo sangue. Il suo sangue testimonia fino in fondo il suo amore. Il suo possesso è un possesso di una carità infinita. Ci ama e ci ha voluto con Lui. Ci ha voluto a sentire le cose con Lui, a vedere le cose con Lui, ad operare le sue stesse cose. Un cristiano deve sentire forte questa vocazione: la vocazione a tradurre Gesù nella proprio vita. È Re, cioè vince; è Re, cioè regna; è Re e ha delle predilezioni meravigliose: noi battezzati siamo i prediletti. Non abbiamo paura, perché tutto è stato vinto da Lui, ha pagato per i nostri debiti, ha soddisfatto per le nostre colpe.
Una festa dunque di gioia che ci deve portare a un passo più avanti nella nostra visione di fede. Dobbiamo sentire come è giusto quanto Lui ci ha insegnato, come è meraviglioso quello che Lui vuole operare attraverso di noi. Vuole che continuiamo la sua opera, vuole che noi ci preoccupiamo come di una cosa nostra della salvezza del mondo, vuole che ognuno di noi vinca completamente il peccato e non resti oscillante, non resti pauroso nell’affrontare le difficoltà. Vuole che la nostra vita sia limpida e schietta per essere vera testimonianza, vera offerta a tutti i nostri fratelli.
Importante è allora entrare fino in fondo nel significato di questa festa: Gesù è re sulla croce. Il brano del vangelo ci porta proprio là sul Calvario. È Re, ma Re incoronato di spine perché tutti possano sentire questa grande sua opera. La difficoltà che abbiamo ogni giorno è una difficoltà che si chiama tentazione, che si chiama dolore, che si chiama contraddizione. Ci assicura: queste difficoltà sono vinte! Il ladro passa dalla croce al paradiso, nello stesso giorno. Ogni cristiano che sa offrire, che sa donare, che sa unire le proprie cose difficili con la croce, diventa potente, diventa veramente valido per potere dare quanto il Signore ha predisposto nella sua misericordia.
Se “piacque a Dio fare abitare in Gesù ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose” (Col 1,19-20), quanto dobbiamo gioire per proseguire quello che lui ha fatto e non aver paura delle nostre difficoltà e non sgomentarci delle nostre tentazioni e vincere la nostra sciocca mediocrità! Abbiamo paura di darci al Signore. Ci vogliamo riservare qualche parte per noi. Temiamo che venga come un ladro e saccheggi tutto. Ma Lui viene per dare! E, se domanda, è per dare di più; e, se domanda tanto, è per dare il massimo!
Ricordiamo: in Lui la pienezza perché sia anche in noi una pienezza conforme alle nostre capacità. Lui viene per dare al singolo, Lui viene per dare a tutta la sua Chiesa il palpito del suo Cuore, la forza della sua divinità e del suo amore!
Resti allora il proposito: darsi a Cristo! Darsi! Darsi! Non aver paura! Non aver paura del suo dominio; non aver paura della sua domanda. Non aver paura! Dare! È una festa di dono che chiude l’anno ecclesiastico e dice così: il tempo è prezioso, dobbiamo stimarlo tanto; quanta è la grazia di Dio che riceviamo nel tempo! E quando domenica prossima, prima di Avvento, ricominceremo il nostro cammino di fede, ricordiamoci, la legge è qui: è la legge del dono, è la legge per cui ci consegniamo sempre maggiormente a Dio sicuri delle sue promesse, della tenacità e della forza della sua provvidenza.
CODICE | 86MOO0133ZN |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 23/12/1986 |
OCCASIONE | Omelia, XXXIV Domenica Tempo Ordinario – Anno C, Solennità Cristo Re |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | La regalità di Cristo; darsi al Signore |
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