06/01/1973 - Omelia Epifania

Sant'Ilario d'Enza, 06/01/1973
Omelia, Sabato Solennità dell’Epifania

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Is 60, 1-6; Ef 3, 2-3. 5-6; Mt 2, 1-12

L’Epifania è una risposta pronta di fede, l’Epifania è un incontro, è chiamata di tutti i popoli. Il profeta Isaia nella prima Lettura sottolinea la Gerusalemme, la grande Gerusalemme dei nuovi tempi, centro di attrazione per tutti i popoli: tutti sono chiamati, per tutti c’è la misericordia di Dio. San Paolo nella seconda Lettura sottolinea questa chiamata anche dei pagani, è il mistero che era nascosto, ma ora è svelato. Tutti sono chiamati a formare nel Corpo Mistico, san Paolo dice nel Cristo Gesù, un’unica famiglia, un unico organismo; a formare, dice l’apostolo, lo stesso Corpo, ad essere partecipi della stessa promessa. Ed è in questa visione la preghiera che abbiamo fatto: “Signore, fa' che noi, che abbiamo già la fede, possiamo arrivare alla tua gloria”. La fede allora è ricerca, la fede suppone una continua ricerca. La fede non è un bene che uno prende e poi può mettere in uno scrigno e tenerlo lì, la fede esige un continuo rinnovamento, un continuo superamento. Possono venire le tentazioni, possono venire i dubbi, la fede ogni giorno deve sapere conquistare, deve sapere superare. E del resto non è solo una ricerca intellettuale, non è solo un abbandonarsi alla verità somma e alla somma autorità che è Dio, è ricerca perché deve essere adeguamento continuo della nostra vita, perché la nostra vita continuamente ha bisogno di essere investita dalla fede. La nostra vita ha bisogno di maturarsi sempre di più nella fede; la nostra vita non ha senso, se non è così totalmente permeata dalla fede. Credi con l’intelletto, credi con il cuore, credi con la vita. Non ti basta credere con l’intelligenza, se manchi di amore. Non ti basta credere se non operi, poiché “La fede senza le opere è una cosa morta” (cfr. Gc 2, 17 ; cfr. Gc 2, 26). La fede dunque ha bisogno di ricerca, però ha bisogno anche di una stella, cioè ha bisogno di un segno, ha bisogno di una presenza, ha bisogno di un conforto. E noi sappiamo quanto conforto e quanto sostegno la nostra fede ha nella preghiera, nella comunicazione diretta con Dio, nella nostra risposta a Dio. Dio ci parla nella sua creazione, Dio ci parla nella Scrittura, Dio ci parla per mezzo della sua Chiesa, Dio parla col suo Spirito nel nostro cuore. La nostra preghiera deve essere la nostra risposta. E il conforto nostro lo troviamo in questa esperienza diretta con il Signore, particolarmente nel mistero della presenza di Cristo nella Chiesa, particolarmente nella nostra esperienza di fede con Cristo nella Messa. E chi volesse conservare e sviluppare la fede senza l’insistenza della preghiera, senza la disponibilità nella preghiera, senza questa risposta di una preghiera che deve essere non solo di qualche momento ma di tutta la vita, si illuderebbe. La fede a un certo momento diventerebbe un’astrazione e rischierebbe di morire. È necessario che noi insistiamo per avere sempre il nostro orientamento, la nostra stella nella preghiera.

E terzo aspetto: la fede ha bisogno di doni. I Magi sapevano bene chi era Gesù, i Magi non domandano, donano. Donano il loro oro, e l’oro si dava ai re, riconoscendo la regalità del Cristo. Danno il loro incenso e l’incenso si offriva alla divinità e riconoscono la trascendenza di Gesù. E offrono la mirra, riconoscendone l’umanità, per cui “si è fatto simile a noi in tutto eccetto il peccato”. I Magi donano. E la nostra fede non si può alimentare, non si può accrescere se non in questo dono che dobbiamo fare, il dono della nostra vita particolarmente nell’amore, nell’amore al nostro prossimo, nell’amore a tutti gli uomini, nell’esercizio di questo amore quotidiano, nella nostra vita di famiglia e nei contatti, nelle relazioni che dobbiamo avere col prossimo. La nostra fede ha bisogno di questo dono, cioè del riconoscere Dio nel prossimo e del porre la nostra vita in un servizio generoso. Chi non dà, chi non si pone a servizio, chi non dà la sua vita come un’offerta gradita a Dio nell’esercizio del bene, indubbiamente non accresce la sua fede, ma la mette in grave pericolo. Sentiamo oggi il bisogno di celebrare questa festa del dono e sentiamo sempre di più la necessità del dare. Avremo ciò che avremo donato. Possederemo ciò che abbiamo elargito con un cuore grande. Cerchiamo che la festa dell’ Epifania sia per noi un motivo profondo di revisione nell’ordine del dono.

CODICE 73A5O01321N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 06/01/1973
OCCASIONE Omelia, Sabato Solennità dell’Epifania
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE La Fede, saper donare
ARGOMENTI La Fede, saper donare
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