Ger 7,23-28; Lc 11,14-23
Il vangelo ci presenta la figura di Satana. Alcuni si mettono a ridere quando si parla di Satana, ma Satana è un personaggio di cui non si può ridere, perché lo vediamo sempre all’opera, sempre. Sentiamo come è vero che la vita è un continuo combattimento, un urto tra il bene e il male e che noi stessi siamo in questo combattimento e sentiamo molta tristezza quando vediamo che il male vuol trionfare, che il male ha dei successi.
È vero: il male è una potenza, ma la fede in Gesù, che scaccia i demoni, ci ricorda che Dio supera ogni potenza e chi è con Dio sa vincere, nel suo piccolo mondo, il male. Sentiamo che quello che conta nella vita è proprio stare dalla parte di Dio, è proprio fare il bene. Fare il bene. È la cosa che vale, è la cosa che dura, è l’unica cosa che noi dobbiamo perseguire: il bene.
Ricordiamo questa sera un defunto che ha fatto del bene, un’anima che si è donata a quella che Cristo ha detto come opera grande, come opera valida, la prima: fare del bene. Fare tutto il bene. E per tanti anni, il bene è stato fatto, con umiltà e servizio, con disinteresse, con piena responsabilità. Sentiamo che questo non tramonta, non può tramontare, perché il bene è un seme che si mette nell’eterno, si mette nelle mani di Dio. Tutte le altre cose passano e il mondo è pieno di illusioni e gli uomini inseguono le fantasie del loro cuore e gli uomini si prodigano per delle cose che non valgono. Il bene resta, resta e fruttifica. Il bene resta, lo sappiamo che è vero.
Il salmo 111 dice che il giusto ha una memoria che resta in eterno. Il bene resta perché Dio lo ricompensa, perché Dio ne tiene conto, perché Dio sa versare quello che noi non possiamo neppure con una piccola goccia. Lui lo sa, Lui lo può, Lui lo vuole.
È in questa idea del bene che resta la nostra riflessione. È questa la consolazione di quelli che sono nell’eternità: aver fatto del bene. È questa la nostra consolazione: aver visto del bene, aver visto chi non si è lasciato smontare da tutta quella che è l’organizzazione dei cattivi, ma ha saputo sempre essere così limpido, retto.
Io vorrei che noi questa sera ci interrogassimo, ci interrogassimo con forza e con umiltà per seguire anche noi il bene, per seguirlo con slancio, per seguirlo con perseveranza. Nessuna cosa ci deve intimidire, nessuna cosa ci deve frastornare.
Mettere la vita nelle mani di Dio, mettere le nostre opere nel cuore dell’Altissimo. Porre tutta la nostra generosità al servizio, quel servizio che Dio domanda. Mettere così la nostra speranza in Dio che supera questo fluire di cose che sono per un momento e tramontano, questo lampeggiare di luci nella notte.
Noi dobbiamo accrescere la nostra speranza e insieme cercare la comunione con chi non vediamo, ma con chi non è assente. Una comunione di cose, di affetti, di realtà che vogliamo siano perenni, di una perennità così divina, vogliamo che siano un grande risultato di bene. La vita, tutto un inno a Dio che ci ama.
CODICE | 82CHQ01342N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 18/03/1982 |
OCCASIONE | Omelia, Giovedì III settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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