At 3, 13-15. 17-19; 1 Gv 2, 1-5; Lc 24, 35-48
OMELIA ORE 6, 30
L’insistenza della Liturgia è bene evidente. Ci presenta Cristo Signore risorto, quel Gesù che ci dice: “Ecco, sono proprio io. Toccatemi e guardate” (cfr. Lc 24, 39). La fede nella risurrezione è l’elemento base per tutta la vita cristiana. Credere che lui è risorto vuol dire credere che si è compiuta la redenzione, che l’uomo ha un grande valore di speranza, che l’uomo ha un grande valore, sul quale porre tutta la sua esistenza. È perché questa fede non c’è od è troppo piccola, che tanti cristiani conducono una vita molto mediocre o peccaminosa. Non credono alla resurrezione, cioè non credono che il valore più grande della vita sta lì, nell’accettazione del messaggio di Gesù, in quell’accettazione del messaggio che evidentemente comporta tutto un altro senso al nostro lavoro, alle nostre occupazioni, a quello che noi compiamo, a quello che noi desideriamo. È necessario che cresciamo dunque in questa fede, perché la nostra speranza sia molto valida e ci porti molto in alto, perché la nostra preghiera sia veramente la preghiera di coloro che sentono già di essere risuscitati con Cristo. È nel suo amore, è nella sua grazia, è nell’unione con tutti coloro che sono nel suo amore e nella sua grazia che si costruisce il regno di Dio. E vorrei che meditassimo a lungo, meditando proprio questa grande verità: il cristiano possiede la grazia. La grazia è una comunicazione di vita, è una comunicazione di vita di Gesù, è una comunicazione di vita risorta. Non possiamo abbandonarci a una vita miserabile e tutta terrena, non possiamo abbandonarci a una vita che mira solo a quaggiù, quando possediamo la vita stessa di Cristo, che compie il suo lavoro in noi, che vuol fare la trasformazione di noi in Cristo, per cambiarci in gloria. Crescere allora nella stima della grazia, vedere nella grazia santificante il nostro grande tesoro e impegnarci, e i sacrifici per questo sono sempre troppo piccoli. E impegnarci per crescere nella grazia, cioè per una partecipazione piena e totale a questa vita di Cristo, che opera in noi e che opera nella Chiesa. Unirci al Cristo vuol dire allora acquistare le stesse intenzioni di Cristo, compiere la stessa missione di Cristo, porci in un senso vero di evangelizzazione. Grazia dice impegno. Grazia dice dono agli altri. Grazia dice che il cristiano è chiamato ad evangelizzare. Non si può accontentare di poco, perché possiede la grazia e la vita di Cristo in lui è santità. Il cristiano non è fatto per delle piccole cose, per accontentarsi delle piccole cose, il cristiano è fatto per delle grandi cose, delle cose che interessano lui ma interessano tutti, delle cose che interessano la sua vita, la sua famiglia, ma che interessano ancora tutta la Chiesa. Stima della grazia porta allora ad una comunicazione viva e operante nella Liturgia. Allora nella Liturgia ci sentiamo veramente i sacerdoti del Signore, che offrono per la salvezza del mondo. È tutto un fiorire di cose grandi e belle, ma tu devi credere che Cristo è risorto, ma tu devi sempre di più credere che la sua risurrezione è principio di vita per te e per il mondo. Sentimenti di fede, ottimismo cristiano, speranza prorompente e grande.
OMELIA ORE 8, 30
Cristo Signore è risorto, perché anche noi possiamo vivere una vita da risorti. La risurrezione di Gesù è la liberazione dell’uomo, è la liberazione dal dominio del peccato, dalla morte. L’uomo che non ha fede nella risurrezione di Cristo è schiavo dei suoi peccati e vede con angoscia la morte, perché la morte rappresenta per lui il termine, oltre non vi è nulla. Noi siamo stati liberati e per questo il Signore ha augurato, ma ancor più ha dato ai suoi apostoli la pace. Nella prima Lettura il discorso di san Pietro è il discorso della speranza. Nessun uomo è senza speranza. Gli stessi carnefici di Gesù possono sperare: “Avete agito per ignoranza”, dice san Pietro, “così come i vostri capi” (cfr. Atti 3, 17). Non c’è più remissione? No. “Pentitevi, cambiate vita, i vostri peccati saranno cancellati” (cfr. Atti 3, 19). Se potevano ottenere il perdono quelli che avevano crocefisso Gesù con le loro mani, quelli che avevano ingiuriato Gesù nell’agonia, nessun uomo è senza speranza, nessuno è da buttare via, ogni uomo può essere ricuperato. Ecco la nostra insistenza per la conversione dei peccatori, ecco la nostra preghiera perché i peccatori possono trovare con fortezza la strada del ricupero. Ogni uomo può diventare un santo, anche se attualmente è pieno di peccati. La nostra posizione di Chiesa che salva è preghiera dunque di Chiesa che intercede, di Chiesa che domanda. Noi domandiamo al Padre, nel nome di Gesù, la conversione di tutti i peccatori, ci mettiamo per primi tra i peccatori, ma nel nostro cuore ci deve essere una grande speranza, una grande confidenza. Ecco perché il primo elemento della pace e della gioia cristiana è questa certezza, che Dio salva perché Dio ama, che Dio ci vuol salvare di una volontà efficace, vuole salvare tutti gli uomini di questo mondo. Noi non possiamo perciò giudicare nessuno, noi dobbiamo solo desiderare il bene di tutti e presentare questo desiderio alla misericordia di Dio. La preghiera per i peccatori è il desiderio che pure loro partecipino pienamente a questa comunicazione di vita, che è la risurrezione di Gesù e sottolinea san Giovanni nella seconda Lettura: “Ecco, abbiamo un avvocato presso il Padre: è Gesù, vittima di espiazione per i peccati” (cfr. 1 Gv 2, 1-2). Qual è allora la nostra posizione per la salvezza? È la nostra unione con Gesù. Gesù continua il suo stato di vittima; voi ricordate come nella Messa è ancora Gesù che, misticamente, si immola per il mondo. È Gesù sull’altare ostia e vittima, è Gesù che ci domanda di unirci a lui. La Messa è il grande atto di rinnovamento, la Messa è l’attualità della redenzione, è la redenzione che viene applicata a tutte le anime. Quanta deve essere la nostra stima della Messa! Come dobbiamo partecipare fino in fondo ai sentimenti di Gesù nella Messa, alla sua adorazione, al suo ringraziamento, alla sua espiazione, alle sue domande! La Messa non è una cerimonia, la Messa è un sacrificio, è Gesù che torna nell’assemblea cristiana, è Gesù che ancora presenta al Padre il suo sangue, il suo dolore, è ancora Gesù che nella Messa compie la grazia della sua risurrezione. Vogliamo allora collaborare alla salvezza del mondo? Partecipiamo con profonda devozione, con profondo dono di noi stessi alla Messa, unendo i nostri sacrifici ai sacrifici di Gesù. Alla Messa domenicale noi dobbiamo portare tutti i sacrifici nostri, tutte le preghiera nostre, perché il mondo sia redento. Non possiamo mai venire alla Messa con le mani vuote, dobbiamo sempre portare le nostre preghiere, i nostri sacrifici, sempre, in tutto, è quello che dice san Giovanni: “Nell’osservare i suoi comandamenti” (cfr. 1 Gv 2, 3), altrimenti, dice l’apostolo, la bugia entra in noi. “Chi dice: “Lo conosco” e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo” (cfr. 1 Gv 2, 4). Ed ecco allora come Gesù persuade i suoi apostoli: “Guardate, toccatemi. Avete qualcosa da mangiare?” (cfr. Lc 24, 39-41). È l’annuncio pieno della sua risurrezione, di quella risurrezione di cui tutti parteciperemo. Ecco perché la morte non ci fa paura. La morte per noi non è vista nello smarrimento, la morte è unirci a Gesù in croce, per entrare con lui nella risurrezione. È così che viene la pace cristiana, nella sicurezza che la nostra vita ha un senso proprio perché dopo la morte c’è…….
CODICE | 76E1O01362N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 02/05/1976 |
OCCASIONE | Omelia, III Domenica Tempo Pasqua - Anno B - Messa ore 6, 30 e 8, 30 |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Grazia, Speranza |
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