02/03/1986 - Omelia III Domenica Quar

Sant’Ilario d’Enza, 02/03/1986
Omelia, III Domenica Tempo Quaresima – Anno C

Es 3, 1-8.13-15; 1 Cor 10, 1-6. 10-12; Lc 13, 1-9.

Si parla insistentemente di conversione. Un nostro modo facile di fuggire è di pensare alla conversione degli altri, che gli altri ne hanno bisogno.

Quando sentiamo parlare di urgenza di conversione, la tentazione è quella di pensare a certe persone che conosciamo e dire: “La capissero!”. Gesù rivolge queste parole proprio a noi. Gesù dice: “Cosa pensate? Che avessero bisogno di convertirsi più di tutti quelli sottoposti a disgrazia, i nobili? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesse modo”. Parlare di conversione è dunque parlare di un affare personale, che ognuno di noi ha, ed è parlare di una conversione comunitaria che interessa la nostra parrocchia. Dobbiamo sentire questa urgenza di pensare ai nostri fatti, di meditare sui nostri fatti. “Perirete tutti” ha detto Gesù. Non ci esentiamo. Sentiamo che il Signore vuole da noi perché ha dato in misura sovrabbondante, in misura che non riusciamo nemmeno un po’ a calcolare. Abbiamo bisogno di scuoterci e di vedere con precisione; ormai ci avviamo a metà Quaresima: guardare con precisione i punti da cambiare, guardare come cambiare, e deciderci.

È la nostra preghiera che è manchevole? Bisogna riformarla nella sua quantità e nella sua qualità. È lo spirito soprannaturale di fede che troppo spesso ci viene meno? Dobbiamo ripetere la preghiera rivolta già a Gesù: “Signore io credo, ma accresci la mia fede” (Mc 9,24; Lc 17, 5). È la nostra partecipazione all’Eucaristica che è troppo esteriore e fallosa in quanto mettiamo poco amore nel momento in cui entriamo a contatto con il Cuore ardente di Gesù? È nella carità verso il nostro prossimo che abbiamo bisogno di rinnovare, di purificare, di rendere operante? È nell’umiltà dove l’orgoglio ci impedisce tanti e tanti frutti? È nell’umiltà che dobbiamo crescere? E così ripassiamo un po’ tutti i problemi della nostra spiritualità.

Le nostre Confessioni: quanto dobbiamo esaminarci perché non siano degli atti di ipocrisia. Diciamo di essere pentiti o poi non lo siamo perché ripetiamo esattamente quello che abbiamo fatto prima e torniamo a confessarci e torniamo a ripetere. Che vergogna! Che vergogna dobbiamo avere di promettere al Signore, in un sacramento, una vera conversione che invece non si attua mai! Dobbiamo sentire il rimprovero che ci viene dal Signore. Il Signore ci presenta la sua Passione e quello che Lui ha così tribolato per darci. Ci presenta il suo esempio: spetta a noi saperlo cogliere, saper dire il nostro «sì», sapere finalmente fare quel passo che la misericordia del Signore urge. Altrimenti: “Taglialo, perché deve sfruttare il terreno?” (cfr. Lc 13, 7).

Pensiamoci bene! Queste parole possono essere esattamente per noi. L’abuso della grazia di Dio è un grande peccato.

CODICE 86C1Q01342N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 02/03/1986
OCCASIONE Omelia, III Domenica Tempo Quaresima – Anno C
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Conversione; i «luoghi» della conversione
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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