23/12/1984 - Omelia IV Domenica Avv ore 8

Sant'Ilario d'Enza, 23/12/1984
Omelia, IV Domenica Tempo di Avvento – Anno B

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2 Sam 7, 1-5. 8-12. 14. 16; Rm 16, 25.27; Lc 1, 26-28.

Con grande desiderio e con trepidazione ci avviciniamo al Natale e il motivo della nostra trepidazione sta proprio nella preoccupazione che tanta grazia per noi non cada invano. È una grazia meravigliosa quella del Natale e non sono molte le anime che sanno prenderla, perché il Natale resta per loro una festività esteriore, un susseguirsi di buone consuetudini. La grazia del Natale è la grazia di riconoscere la preziosità della venuta di Gesù tra di noi, che non è venuto per gli angeli, ma è venuto per noi. Viene per noi.

La meraviglia sta nel fatto che la grazia arriva come fossimo in quei giorni anche noi a Betlemme e potessimo adorare il Bambino Gesù. È una grazia di conoscenza, è una grazia di intelligenza e di profondità. Dobbiamo capire bene che Dio si è fatto uomo per ognuno di noi e per ognuno di noi ha fatto questa meraviglia. Lo stupore, la gioia, la trepidazione! Oh, sì! Dobbiamo capire che la nostra vita, da ora in poi, non può più accontentarsi di cose umane, bisogna vivere di cose divine! Il Signore è venuto a noi, perché noi sappiamo gustare e praticare delle cose che il mondo rigetta.

“La stoltezza della croce” (1 Cor 1,23; Gal 5,11), dirà san Paolo, è il mistero taciuto per secoli che ora si è rivelato, il mistero dell’umiltà, della povertà di Gesù, il mistero particolarmente dell’amore di Gesù, perché è stato l’amore che lo ha spinto, è stato l’amore che ha portato il Verbo eterno di Dio a rivestirsi della nostra umanità per essere vicino a noi, per essere salvezza nostra.

L’Incarnazione comporta proprio questa salvezza, che poi Lui compirà nella croce, che poi Lui rinnoverà in ogni messa. È la disposizione che il vangelo ancora una volta ci sottolinea della Beata Vergine: essere servi di Dio non è solo dire un sì, è porre tutta la nostra vita in questa logica dell’amore di Dio, è rinnovarci, è non accontentarci della nostra mediocrità, è volere fuggire i nostri compromessi, quelle acrobazie che facciamo per essere nominalmente cristiani, ma fuggirne l’identificazione, fuggirne la vera forza.

Ecco il Natale che si avvicina, ci richiama a questa corrispondenza di amore: se Lui è venuto per amore, se Lui ha sete del nostro amore, se Lui domanda insistentemente il nostro amore, come potremo non darglielo? Come potremo dimenticare la sua bontà e la sua misericordia? Ecco la nostra decisione, la decisione forte e logica: anche noi dobbiamo veramente amare ricordando cosa vuol dire amare, secondo le sue parole: “Mi ama chi osserva i miei comandamenti” (Gv 14,21). Ecco la bontà, ecco la pazienza, ecco la generosità, ecco l’impegno nel nostro dovere: i comandamenti, il fare bene le cose nella volontà di Dio. L’amore non si può ridurre a un sentimento, il sentimento esprimerà l’amore, l’amore è la tensione a piacere a Dio e a dargli gloria. L’amore allora si concretizza nel nostro dovere quotidiano, che dobbiamo fare bene, che dobbiamo fare tutto, che dobbiamo fare sempre, che dobbiamo fare con serenità e fiducia, con generosità e impegno, sempre, in Lui e con Lui.

CODICE 84NOO01313N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 23/12/1984
OCCASIONE Omelia, IV Domenica Tempo di Avvento – Anno B
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI La grazia del Natale: riconoscere l’amore di Dio, vivere di cose divine
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