30/03/1982 - Omelia Martedi V Quar

Sant’Ilario d’Enza, 30/03/1982
Omelia, Martedì V settimana Tempo Quaresima

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Nm 21,4-9; Gv 8,21-30

Questa pagina del vangelo sembra una pagina difficile, invece è solo una pagina splendida. Gesù parla della sua divinità. Non è un uomo come gli altri. È il figlio di Dio, venuto per noi, è l’Eterno che è entrato nel nostro tempo, è l’Onnipotente che si è rivestito della nostra fragilità, è soprattutto la manifestazione piena dell’amore di Dio. Certo, proprio perché è l’amore infinito, guai all’uomo che non lo accoglie! Perché, quando si va contro la giustizia di Dio, ci si può rifugiare nell’amore: “Dio ci ama”, ma, quando si rifiuta l’amore di Dio, allora sono proprio vere le parole dette da Gesù: “Morirete nei vostri peccati”.

Perché il Signore ci ama, perché il Signore ci cerca? È proprio perché per essenza è Colui che ama, è Colui che dona. Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio alla morte. Come non avremo fiducia in lui? Come non spereremo nella sua misericordia? Bisogna guardare a questa misericordia e a dare così un senso alla nostra vita e un perché alla nostra morte. La vita presente non si risolve in sé stessa. Se uno pensa solo alla vita presente, diventa ribelle e scettico, diventa tormentato e inquieto, deve non pensare: non pensare che la vita ha termine, che la morte può arrivare in ogni momento, strana e inattesa. Allora diventa un enigma tutto quello che si può compiere. Bisogna guardare oltre, bisogna guardare al Signore e non chiuderci in noi stessi e non chiuderci nelle cose di questo mondo. Bisogna guardare oltre, guardare non la parola degli uomini, ma la parola del Figlio di Dio, di Gesù. È lui che ci ha spiegato la vita, che ci ha spiegato la morte, che ci ha spiegato il dolore, che ci ha spiegato le contraddizioni di questo mondo. È lui, è Gesù.

Dobbiamo allora, con evidenza, porre tutta la nostra esistenza nella fede, vivere nella fede, agire nella fede. Molto spesso non basta una fede iniziale, non basta una fede bambina. Le prove della vita sono tante: ci vuole una fede matura, una fede grande, un affidarci al Signore con tutto il cuore, con tutta la certezza, perché Lui, Signore dei secoli, padrone della vita e della morte, prenda così il nostro esistere, prenda così il nostro morire, da essere veicolo di bene per l’eternità.

Vivere da cristiani, vivere secondo la sua parola, vivere secondo le sue leggi, vivere secondo i dettami del suo amore, vivere così, sempre di Lui. Un cristiano deve vivere la vita di Cristo, deve vivere come ha fatto Cristo: passo per passo, situazione per situazione tutto lui ci ha mostrato, tutto lui ci ha spiegato.

Dobbiamo andare così nella sua luce, lo ha detto del resto lui stesso: “Chi segue me non cammina nelle tenebre”. Chi segue me. E ha detto di guardare al suo mistero pasquale: “Quando avrete innalzato il figlio dell’uomo (lui stesso) allora saprete chi io sono”. Sì: il nostro redentore, il risorto per sempre, colui che dà un significato a tutto quello che facciamo.

È il Signore, andiamo con fede, sempre con maggior fede, a lui.

CODICE 82CVQ01344N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 30/03/1982
OCCASIONE Omelia, Martedì V settimana Tempo Quaresima
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
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