14/03/1978 - Omelia Martedi V Quar

Sant’Ilario d’Enza, 14/03/1978
Omelia, Martedì V Settimana tempo Quaresima

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Nm 21,4-9; Gv 8,21-30

“Quando avrete innalzato il figlio dell’uomo allora saprete che io sono”. È guardando alla croce di Gesù che noi siamo salvi, come gli ebrei guardavano al serpente di bronzo, innalzato da Mosè, che era una figura della croce. Solo guardando alla croce noi possiamo salvarci, in quanto Gesù, sulla croce, ha pagato l’enorme debito che noi peccatori avevamo verso Dio. Solo la voce di Gesù ha potuto ottenere la misericordia. È tanto grande il peccato che tocca l’infinito e nessuna riparazione di un uomo può toccare l’infinito. Nessuna. Ecco perché non è possibile avere salvezza che in Gesù, uomo-Dio, perché ogni azione di Gesù, essendo l’azione di una persona di dignità infinita, aveva un valore infinito. E quando sulla croce Gesù offrì il suo tormento e la sua morte per noi, la redenzione divenne splendidamente sovrabbondante. In Lui siamo salvi.

Dobbiamo perciò straordinariamente valorizzare il sacrificio di Gesù che ancora si attua e ci viene presentato nella Messa. Nella Messa Gesù ripete il suo gesto sacrificale e noi lo possiamo far nostro, far nostro e innalzare, in questa dignità di preghiera e di sacrificio, la nostra supplica a Dio per la remissione dei nostri peccati. Così ogni giorno della nostra vita, confidando in questa misericordia per avere salva l’anima nostra.

Riceviamo molte grazie nella vita, ma c’è una grazia più preziosa di tutte le altre, è l’ultima grazia, l’ultima grazia per la quale potremo morire in grazia ed entrare cioè nella piena e sicura salvezza: è la grazia che chiamiamo della perseveranza finale, è una grazia che noi non possiamo meritare, che Dio dà però alle anime che lo cercano con cuore sincero. È la grazia che ci verrà dalla croce, perché che cosa dà dignità alla nostra sofferenza e alla nostra morte? È proprio unire al dolore e alla morte di Gesù. Quali sono le disposizioni di uno che vuol morire bene? Unire la propria morte alla morte di Gesù in sacrificio di espiazione, in offerta a Dio. È una grazia così grande che noi la dobbiamo chiedere tutta la vita. La Liturgia, del resto, quotidianamente insiste: “Donaci la perseveranza, Signore, fa' che siamo fedeli fino alla morte, donaci la vita eterna, fa' che questo cibo eucaristico sia cibo di vita eterna”. È la grande grazia che dobbiamo chiedere con tutto il cuore, sicuri che il Signore ci esaudirà e non saremo salvi per i nostri meriti, ma sempre per la misericordia del Signore.

Nessuno può essere davanti a Dio giusto, solo Gesù è il Giusto e solo unendoci a Lui veniamo arricchiti dei suoi meriti, veniamo ad essere un’unica cosa con Lui, che ci porta al cospetto di Dio e ci dona quel Paradiso che non tramonterà mai nei secoli.

Guardiamo allora di avere sempre, costantemente il senso della redenzione di Gesù, dell’unica redenzione di Gesù e nelle Messe, che partecipiamo, sentire questa realtà di sacrificio propiziatore, sentire la volontà che Cristo ha di donarci la sua vita e di farci partecipare alla sua redenzione, e la Messa ci preparerà alla vita, ci preparerà alla morte, ci aprirà il Paradiso.

CODICE 78CDQ01344N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 14/03/1978
OCCASIONE Omelia, Martedì V Settimana tempo Quaresima
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Il sacrificio di Cristo unica salvezza
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