Gio 3,1-10; Lc 11,29-32
Il profeta Giona fu un segno, cioè fu un simbolo e fu uno strumento di penitenza. E Gesù si proclama anche Lui un segno, perché ha chiamato a penitenza e ha fatto vedere in sé che cosa vuol dire la penitenza. La sua penitenza è stata totale perché, per scontare i nostri peccati, ha incontrato i tormenti e la morte. È Gesù allora che ci chiama a penitenza. “Fate penitenza perché il Regno di Dio è vicino”: sono le parole che Gesù ha raccolto dal labbro di Giovanni Battista e ha fatto sue. E noi dobbiamo sentire con quanta severità, e con quanta urgenza il Signore ci chiama ad assumere una vera penitenza. Perché, vedete, è proprio in questo senso che noi dobbiamo discutere noi stessi, perché non ci avvenga di avere delle parole menzognere, delle parole bugiarde sul nostro labbro, quando diciamo che siamo pentiti, quando ripetiamo gli atti di dolore, quando ci accostiamo al sacramento della penitenza, perché non siamo bugiardi. Il discutere con noi stessi sulla veridicità di questa penitenza è discutere sullo stesso nostro sforzo di salvezza, perché noi ci salviamo, perché noi mettiamo una certa qual garanzia sulla nostra salvezza proprio in proporzione del nostro pentimento. E constateremo che la vera penitenza non viene da noi, perché noi non riusciamo ad entrare nelle disposizioni giuste, nelle disposizioni vere, perché la nostra umanità non riesce, e qui viene la preghiera di penitenza, la preghiera di intercessione per la penitenza. Perché il vero dono viene da Dio e noi ci dobbiamo disporre nella preghiera e dobbiamo invocare insistentemente il suo aiuto. Dobbiamo invocare lo Spirito Santo che disponga i nostri cuori. Ricordiamo le parole della Scrittura: “Non siano i vostri cuori duri come la roccia”. Ecco, è l’immagine propria: sono duri i nostri cuori. Abbiamo bisogno come, lo sappiamo bene, di un miracolo di grazia. Come la roccia del monte Oreb percossa dal bastone di Mosè diede l’acqua e bevve tutto il popolo, come racconta il libro dell’Esodo, noi dobbiamo invocare con tutto il nostro cuore che lo Spirito Santo percuota questa roccia nostra perché sgorghino le acque della salvezza, perché sappiamo piangere i nostri peccati, perché sappiamo vedere nella fede il nostro atteggiamento. In fondo tutta la vita spirituale si svolge in mezzo a questi due poli, cioè sapere quello che ha fatto Dio, sapere con amore e commozione quello che ha fatto e venire a conoscere bene quello che abbiamo fatto noi, la nostra ingratitudine, la moltitudine dei nostri peccati. Allora comprendiamo quello che abbiamo letto: “Ritornate a me con tutto il vostro cuore”, dice il Signore, “Perché io sono buono e misericordioso”. È buono e misericordioso perché dà a noi la disposizione adatta, ci aiuta a ritornare a Lui, anzi, come dice Gesù, è Lui che viene in cerca di noi. La pecorella smarrita non trova lei la strada, è Gesù che la va a cercare. È questa la nostra preghiera, la nostra invocazione, il vero nostro sforzo.
CODICE | 79C6Q01340N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 07/03/1979 |
OCCASIONE | Omelia, Mercoledì I Settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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