12/03/1976 - Omelia Venerdi I Quar

Sant’Ilario d’Enza, 12/03/1976
Omelia, Venerdì I settimana Tempo Quaresima

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Ez 18,21-28; Mt 5,20-26

Chi rompe la carità, chi offende il fratello perché ha tanta responsabilità davanti a Dio? Perché anche una offesa può avere delle conseguenze così gravi? Ecco, ricordiamo il piano di Dio. Quando ha creato l'uomo, l'ha creato perché viva in una società, perché in questa società possa ricevere e possa dare, non perché si perda nella società. Il Signore ha voluto un popolo, non una massa, il Signore ha voluto un popolo e tutto ciò che tende a massificare l'uomo è dannoso e deve essere riprovato. L'uomo ha la stessa origine degli altri uomini, è uscito dalla mano creatrice di Dio. Da questa unità di origini il Signore ha voluto una legge di fraternità: l'uomo deve riconoscere nell'altro uomo un suo fratello da amare, da aiutare, da essere come un suo complemento; l'uomo infatti trova negli altri il modo di arricchirsi, di crescere, la vera personalità non sta nell'isolamento, ma sta nel sapere relazionare con gli altri. Ecco, e tutto quello che ha fatto Dio lo ha fatto per unire gli uomini tra di loro e la Chiesa è il capolavoro di Gesù, perché la Chiesa è il popolo di Dio che è unito nel nome della Trinità e tende a realizzarsi a immagine della Trinità e ha come meta l'essere nella beatitudine unica della Trinità: “Come il Padre ed Io siamo una sola cosa, anch'essi siano una cosa sola”. Ecco perché porsi nell'egoismo, porsi nella cattiveria, chiudere il nostro cuore non è solo fare qualche cosa di riprovevole, è rompere un'armonia, è andare contro un piano, è rompere fino in fondo quello che Gesù ha voluto costruire. Gesù ci ha voluti nell'unità del suo cuore, Gesù ci ha voluti nella Sua Chiesa come il luogo della forza, come il luogo dell'amore, ecco, proprio l'amore: amerai il Signore Dio tuo, amerai il tuo prossimo. Non, allora, semplicemente una relazione di diritto, una relazione di giustizia, una relazione di amore, di un grande profondo amore. E niente varrebbe la nostra quaresima se non ci facesse crescere nella carità, se non ci facesse crescere in questa mutua comprensione, se non ci facesse diventare sempre di più membri vivi, forti, membri aperti a tutte le esigenze che l'essere nella Chiesa comporta. Dobbiamo allora migliorare nella nostra carità non solo non facendo delle offese, non lacerando gli altri nelle nostre relazioni, ma crescere veramente nello stesso amore che Cristo ha posto tra di noi, che è il Suo amore, perché dobbiamo amare gli altri con il cuore di Cristo. Sia allora la nostra bontà verso gli altri piena, sia soprannaturale, sia generosa, sia costante, sia umile, sia concreta. Sia allora una carità che proprio prenda la forza e il motivo dal cuore del Signore, che è il cuore che ha saputo spingere il Suo amore fino al sacrificio totale. Imparare ad amare gli altri vuol dire saper vedere il Signore, sapere corrispondere al Suo piano, sapere che questa terra deve essere realizzata nella famiglia-Chiesa per essere poi in cielo nella famiglia della pace e della gioia.

CODICE 76CBQ01340N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 12/03/1976
OCCASIONE Omelia, Venerdì I settimana Tempo Quaresima
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI La carità
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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