05/06/1987 - Omelia Venerdi VII Pasqua Nov Pent 8

At 25, 13-21; Gv 2, 15-19.

Siamo interrogati sull’amore. Saremo giudicati dall’amore. La vita del cristiano si deve realizzare e deve crescere in questo amore a Dio, in questa docilità che si chiama amore, perché non dobbiamo fare delle cose straordinarie, dobbiamo avere la fiducia, una fiducia piena, una fiducia perseverante fino in fondo nella misericordia, nella sapienza, nella provvidenza di Dio. Sue creature: egli ci ha voluto bene e ci ha dato l’essere, ci ha dato la vita, ci ha voluto bene e ci ha mandato suo Figlio. E suo Figlio è vissuto per noi. È nato per noi. Ha vissuto una vita di stenti e di povertà per noi. Si è lasciato torturare in maniera incredibile e uccidere per noi. Tutte le opere di Dio vengono da questo amore e noi, avvicinandoci alla Pentecoste, capiamo bene perché c’è stata questa manifestazione di fuoco, perché tutte le opere di Dio sono opere di amore e la nostra santificazione è un’opera di una misericordia mirabile. Ognuno di noi ha la sua storia e la storia della nostra spiritualità è una storia della sua bontà, del suo perdono.

Noi abbiamo peccato, poi abbiamo promesso, poi abbiamo tornato a peccare e Lui sempre ci ha perdonato, sempre ci ha donato, sempre ci è stato vicino come il Padre più tenero, come l’Amico più assiduo. Oh, quanto dobbiamo capire le opere del Signore, la sua provvidenza, la sua azione prodigiosa nella nostre anime! Le nostre anime devono essere aperte, devono essere generose, per corrispondere fino in fondo a questo amore e ci dobbiamo vergognare, perché i nostri peccati sono tradimento dell’amore. E dobbiamo chiedere perdono dei nostri peccati perché sono andati contro il suo amore, perché non siamo stati riconoscenti, generosi, pronti, ma abbiamo preferito il nostro egoismo e il nostro orgoglio.

Oh, chiediamo questa sera allo Spirito Santo la grazia di capire il suo amore, di seguire il suo amore, di offrire tutto in questo amore.