16/11/1975 - Omelia XXXIII Domenica Ord ore 6.30 e ore 8.15

Sant’Ilario d’Enza, 16/11/1975
Omelia, XXXIII Domenica Tempo Ordinario - Anno A - Messa ore 6, 30 e 8, 30

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Pr 31,10,13.19-20.30-31; 1Ts 5,1-6; Mt 25,14-30

MESSA ORE 6, 30

La fine dell’anno liturgico, e siamo verso la fine, è caratterizzata da una riflessione, la riflessione sul termine della nostra vita. La vita è un dono, un meraviglioso dono o meglio una somma di doni. Qui la parabola parla di una moneta, di una somma, il talento, per cui ecco l’interrogativo: com’è stato adoperato questo dono di Dio? Come lo adoperi tutti i giorni? Quale somma arriverai a fare al termine della tua vita? Che cosa dirai al Signore, quando come il padrone della parabola dirà: “Ebbene, che cosa hai fatto della somma che ti ho dato? Che profitto per te, per gli altri?”. Fugge il tempo, fugge inesorabilmente, non ritorna indietro: quello che uno fa resta in suo merito o resta in suo demerito. Non è possibile che uno possa rifarsi guadagnando quel tempo. Il tempo perduto resta perduto, il dono di Dio buttato via resta così; al massimo tu potrai accelerare il passo, arrivare fino al massimo, però quel tempo non è possibile ricuperarlo.

La riflessione si fa profonda, perché Dio è giusto giudice. Dio, dice la Scrittura, non giudica come gli uomini; gli uomini guardano all’apparenza, gli uomini si possono accontentare di una spiegazione superficiale, ma Dio no! Dio è infinta Verità, sa tutto, “mi scruta il cuore e le reni”, dice il Salmo (cfr. Sir 42, 18). Il Signore sa tutto e il Signore giudica nella sua perfetta giustizia.

Ecco allora che la riflessione diventa più urgente. Che tempo ho perso? Deve chiedersi ognuno di noi. Che doni di Dio ho sciupato? E la cosa diventa ancora più urgente: che doni di Dio sto sciupando? Che cos’è che sto buttando via? Preghiere malfatte o tralasciate, doveri confusi, cose fatte per egoismo e per se stessi e basta, ma il Signore premia ciò che è fatto per lui, ciò che è fatto in suo nome, ciò che è fatto per suo amore. Il tempo che uno passa in peccato è un tempo desolatamente vuoto.

Ecco allora che ci chiediamo. La riflessione cioè urge la conversione a un uso più saggio, più pronto, più fedele di tutti i doni di Dio sia nel campo umano, le nostre qualità, sia nel campo soprannaturale, le grazie di Dio, del suo amore, le grazie che lui ci ha dato per noi, le grazie che ci ha dato perché tenessimo bene il nostro posto nella famiglia e nella Chiesa.

Il nostro interrogativo allora si muterà in una preghiera: pregheremo il Signore di farci capire ciò che ci resta da fare di meglio, prima che arrivi la sera. Chiederemo al Signore la forza di camminare più spediti, chiederemo al Signore una grande, piena assistenza. Con lui possiamo fare! La vita allora non si riduce ad un buttar via, ma secondo l’espressione del Vangelo è “un costruirsi il tesoro, dal quale prendere cose nuove e cose vecchie” (cfr. Mt 13, 52).

Ecco, vogliamo veramente ritemprarci, perché la grazia di Dio sia così magnificamente grande e trovi in noi una corrispondenza fino in fondo, una corrispondenza, piena, generosa, aperta.

meSSa ore 8,30

Di una somma parla la parabola, di una somma che è affidata, di una somma di cui si domanderà conto. Il padrone della parabola è il Signore, quella somma sono le grazie che lui ha dato, grazie per ogni anima, grazie per tutta la comunità ecclesiale.

Noi oggi ci congratuliamo con le suore “Serve di Maria riparatrici”, ci congratuliamo con la loro Famiglia, perché, ricevuti dei talenti preziosi, grandi, in questi settantacinque anni hanno saputo trafficarli in una maniera molto grande e molto bella. Noi ci congratuliamo con loro e insieme a loro ringraziamo Iddio, ringraziamo quella mirabile assistenza della Provvidenza che li ha fatti così fiorire, e che le ha volute anche nella nostra Parrocchia in un servizio intelligente, umile e continuo. Una Casa di cura è un centro di assistenza, è una palestra di generosità. Una Casa di cura, la nostra Casa di cura, che svolge questo prezioso compito in una sequenza di generosità e di impegno, ecco, noi ringraziamo Dio di averla, noi ringraziamo Dio di avere le nostre suore che si prodigano così, infaticabilmente. Ringraziamo Dio e vogliamo oggi nella nostra Liturgia essere veramente impegnati per cogliere lo spirito. Questa Famiglia religiosa è sotto la protezione della Madonna e ha sentito, ancora prima di Fatima, ancora prima degli ultimi avvenimenti, ha sentito questo impegno, che è un impegno veramente evangelico: di onorare la Madonna e di collaborare con lei, che è la Corredentrice, alla salvezza del nostro mondo, alla salvezza di questo mondo così ferito, così piagato, un mondo che ha smarrito Dio, che ha smarrito i valori che Dio ha dato, che ha smarrito il senso dell’onestà e della fraternità, questo mondo nel quale sembra che trionfino solo l’iniquità e la violenza.

La devozione alla Madonna si innesta allora in un grande fiume, che si chiama “la storia della salvezza”. Perché siamo devoti della Madonna, se non perché la Madonna è stata vicina a Gesù, se non perché la Madonna è stata la più vicina a Gesù, è stata vicino a lui nei momenti del gaudio, è stata vicino a lui nei momenti del dolore? La Beata Vergine la vediamo così ai piedi della croce, quando Gesù agonizzante è ancora centro di insulti e di offese; è lei, forte e generosa, che accoglie noi come figli: “Donna, ecco tuo figlio” (Gv 19, 26). Quella parola detta a Giovanni Evangelista è per tutti noi. Maria offre al Padre la vita del suo Figlio, perché ogni uomo possa trovare la strada della salvezza, perché la famiglia degli uomini non si smarrisca, perché gli uomini possano realizzare la loro dignità di creature di Dio, di figli di Dio.

Riparatrice: è lo spirito; riparatrice: tutta la famiglia; unirsi a lei vuol dire partecipare a questo movimento di salvezza. Riparare i peccati è impegnarsi perché la nostra vita sia sana, perché le nostre opere siano veramente oneste, perché il nostro impegno per tutti sia veramente esemplare. Riparare vuol dire moltiplicare la generosità per quelli che offendono, moltiplicare la generosità per quelli che travalicano, moltiplicare la nostra generosità per essere sempre più vicino al Signore. Non è allora una cosa piccola: è vivere la nostra vocazione di cristiani, che sono impegnati nella Chiesa, non semplicemente a ricevere ma a dare, non semplicemente ad applaudire ma a seguire la strada della sofferenza se è necessario, a seguire la strada di un impegno veramente forte e continuo.

La nostra vita cristiana deve essere allora posta così, posta nell’adempimento del proprio dovere, posta così nel volere che il Cuore di Maria sia veramente il Cuore in cui ogni uomo trovi la sua Mamma, cioè trovi quell’afflato di bontà, di generosità, di superamento di sé. Nel Cuore della Madonna noi troviamo l’ideale, troviamo la purezza, troviamo la comprensione, troviamo quanto in noi c’è di migliore perché, per trovare noi stessi, bisogna che prima troviamo quello che il Signore ci ha consegnato, quello che il Signore vuole che realizziamo.

Tornano le parole che abbiamo letto dell’apostolo Paolo: “Non siete nelle tenebre, voi siete figli della luce e figli del giorno” (1Ts 5, 5), attività, generosità, impegno individuale, impegno comunitario. Figli della luce: chiarezza, luminosità.

CODICE 75MFO0133WN
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 16/11/1975
OCCASIONE Omelia, XXXIII Domenica Tempo Ordinario - Anno A - Messa ore 6, 30 e 8, 30
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Il giudizio di Dio
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