Gn 37,3-4. 12-13. 17-28; Mt 21,33-43. 45
Il problema del male. È il problema che rende più pensosi e che rende più tristi. Questa lotta contro il bene. Questa lotta contro le persone più serene nella loro vita, più complete nella loro testimonianza. La prima lettura ci ricorda l’odio dei fratelli contro Giuseppe. Un odio ingiustificato, strano. Un odio che diventa una cosa terribile. Prima lo vogliono uccidere, poi lo vendono come schiavo. La vita dello schiavo. Lo condannano, è il loro fratello, lo condannano ad una sorte tremenda. E nel testo del Vangelo ricordiamo come colui che era la stessa bontà è stato buttato fuori dalla vigna e ucciso. Chi più buono di Gesù? Chi più benefico di Gesù? Resta la parola “Gli preferirono Barabba”. “Che cosa faccio di colui che è detto Cristo?”, chiedeva Pilato. “Crocifiggilo”. E tutta la piazza a una voce sola urlava: “Crocifiggilo”. Pilato era un pagano e si trovava fino in fondo perplesso: “Ma che male ha fatto?”. E ancora a urlare: “Crocifiggilo”. Gesù ha segnato una strada e dirà: “Non c’è servo maggiore del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi. Se hanno interpretato in male le mie parole, anche le vostre”. Il Signore ci ha voluto preservare dallo sgomento, ci ha voluto preservare dallo smarrimento che può venire. Come mai? Gli uomini più buoni sono stati trattati così, i martiri. Perché? Ecco, Gesù ha aperto la strada ed è proprio qui la nostra riflessione. Se vogliamo essere con il Signore non ci dobbiamo meravigliare dell’incomprensione, degli attacchi, delle cattiverie del mondo. Non ci dobbiamo meravigliare, anzi dobbiamo ripetere le parole di San Paolo: “Di nient’altro io mi glorio se non della Croce del Signore nostro Gesù Cristo”. Questa umiltà per cui noi che siamo tutt’altro che santi, ancora dobbiamo ricordare le sue parole: “Se il legno verde è stato trattato così, che cosa sarà del secco?”. Vogliamo allora fino in fondo capire che non possiamo assolutamente sgomentarci di ciò che è l’atteggiamento del mondo. Dobbiamo piuttosto essere forti e sentire come il Signore ci vuole partecipi della sua umiliazione. Abbracciamo la croce del Signore e siamo contenti quando in qualche cosa dobbiamo soffrire per Lui. Non aver paura. Sapere che quando, per aver testimoniato il Signore, per fare quello che Lui t’ha detto, tu subisci una parola e un oltraggio è un grande momento di grazia, è un grande momento di gloria, la gloria di soffrire qualche cosa, la gloria di testimoniare qualche cosa. Il nostro proposito sarà allora proprio questo: fortezza, generosità, impegno, non aver paura di essere logicamente cristiani, e se questo è accettato male, se questo viene deriso, ecco, anche noi abbiamo un po'della Passione del Signore e perciò ci aspetta molta ricompensa e molta gloria. Prendiamo, allora, anche noi che siamo i servi, quello che è toccato al figlio. Prendiamo anche noi e siamo sempre pronti a dire di sì.
CODICE | 75BTQ01341N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 28/02/1975 |
OCCASIONE | Omelia, Venerdì II Settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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